Spariscono i portinai Aler rilancia
Carenza di custodi, via al progetto sperimentale: nuovi compiti e presidio dei locali sfitti
Non solo case occupate, sfitte o da ristrutturare, morosità, criminalità, recuperi e assegnazioni da gestire. Aler, che in città amministra 40mila alloggi, ha un altro fronte aperto: quello delle portinerie, che stanno scomparendo in alcune situazioni critiche del territorio comunale. L’azienda sta lavorando a un progetto pilota. L’obiettivo? Superare il concetto tradizionale di custode e attivare una nuova figura. In alcuni palazzi sono già in servizio i custodi sociali: «Sono presidi di cittadinanza attiva per rendere vivo il locale vuoto, altrimenti ostaggio di occupazioni, e coinvolgere gli inquilini con attività inclusive».
Non solo case occupate, sfitte o da ristrutturare, morosità, criminalità, recuperi e assegnazioni da gestire. L’Aler — l’Azienda lombarda per l’edilizia residenziale che amministra 40mila alloggi nel Comune di Milano (60mila nell’intera città metropolitana, 100mila in tutta la Regione) — ha un altro fronte aperto: quello delle portinerie, che stanno scomparendo in alcune situazioni critiche del territorio comunale, per risolvere il quale l’azienda sta lavorando a un progetto pilota. L’obiettivo? Superare il concetto tradizionale di custode e attivare una figura di sostegno sociale.
Al momento Aler Milano dispone di 150 custodi. Ne servirebbero altri 20 per coprire il fabbisogno essenziale in città: «Si tratta di palazzi che hanno necessità di una copertura di portineria individuati nei quartieri di San Siro, Lorenteggio e Calvairate» spiega Domenico Ippolito, direttore generale di Aler Milano.La
scomparsa dei custodi è una problematica emersa da alcuni anni, «non certo per una scelta aziendale», spiega l’assessore alle Politiche sociali, abitative e disabilità della Regione, Stefano Bolognini. «In alcuni palazzi — per esempio in via Bolla, 300 appartamenti distribuiti su sei civici — manca proprio a livello strutturale il locale per la portineria. Da qualche anno alcune portinerie che erano presidiate purtroppo non lo sono più. Non si tratta di una scelta della Regione e di Aler, quanto di pensionamenti e contratti a tempo determinato che non sono stati sostituiti. L’Aler ha un esubero di personale: al termine di quei contratti non c’è stata possibilità di fare nuove assunzioni, così come per altre figure professionali dentro all’azienda».
I 150 palazzi presidiati hanno ancora un portinaio, a cui è demandato il servizio di guardiania: pulizia delle scale, dei cortili e distribuzione della posta. «In altri edifici è l’amministratore condominiale che provvede alla copertura del servizio, in altri ancora è autogestito dai comitati dei condomini di un palazzo» prosegue Ippolito. Nei locali rimasti vuoti la Regione sta cercando di rispondere alle esigenze degli inquilini con «progetti più strutturati». In alcuni palazzi sono già state inserite le figure dei custodi sociali: «Si tratta di presidi sociali di cittadinanza attiva — spiega Bolognini — per rendere vivo il locale vuoto, altrimenti ostaggio di occupazione, e coinvolgere gli inquilini con attività di inclusione».
Da gennaio 2020 Aler avvierà il progetto socialità, inserendo nei quartieri più difficili — in primis in quella ventina di palazzi individuati tra Lorenteggio, San Siro e Calvairate — la figura del gestore sociale che faccia da sentinella nel territorio. «In alcuni quartieri il lavoro di custode è reso sempre più difficoltoso da inquilini esigenti che sfogano su questa figura il tema della scarsa sicurezza, dell’abusivismo, della mancata integrazione sociale. Per noi è importante avere una sentinella in quei caseggiati». Per individuarla, Aler sta lavorando a un «progetto sperimentale che non attivi solo una figura di portineria ma anche di sostegno sociale: un gestore sociale, un punto di riferimento e di incontro, nonché di controllo, per esempio di segnalazione delle occupazioni abusive». Entro fine dicembre si concluderà la ricerca delle figure adatte a questo nuovo ruolo, per essere attive da gennaio del prossimo anno. «Stiamo predisponendo un bando per trovare le competenze personali e professionali adeguate. Si tratta di un progetto campione, che avrà valenza anche a livello nazionale», annuncia Ippolito.
Un’altra idea che si sta valutando è quella di affidare le portinerie sfitte, a condizioni agevolate, ad associazioni di inquilini o a comitati di vicinato, con una chiara funzione aggregativa. «Nella necessità di avere un punto di riferimento per gli inquilini del caseggiato popolare — conclude Bolognini —, questa soluzione può dare risultati ancora migliori rispetto all’attivazione di una figura con il solo ruolo tradizionale di portinaio».
Case popolari
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