L’OLIMPIA A DUE VELOCITÀ ASPETTA I SUOI TITOLARI
Fondamentalmente, è una questione di scelte. Inconsce, magari, ma sempre di scelte si tratta. Il campionato, per il momento, può attendere; l’Eurolega no. Così l’Olimpia in Europa soffre ma vince, si fa rimontare dallo Zalgiris ma vince, resta aggrappata alla partita con il Panathinaikos fino in fondo e alla fine vince, ed è inutile chiedersi che cosa sarebbe stato se gli arbitri al Forum avessero fischiato l’infrazione di campo a Roll, o se l’ultimo tiro di Calathes si fosse infilato nel canestro, anziché ballonzolare sul ferro: i fatti dicono che dopo tre partite, di cui due in trasferta, Milano in Eurolega ha un record di due vittorie e una sconfitta, in perfetta linea di galleggiamento. Trovando fra l’altro i due tiri liberi decisivi da Moraschini, un italiano, uno che in passato difficilmente (eufemismo) sarebbe stato in campo nei secondi finali.
Però scegli. E se scegli, 48 ore aver battuto lo Zalgiris puoi perdere in casa con Brindisi, che in campionato arriverà lontano. E puoi perdere anche a Cremona, appena rientrati dalla vittoriosa trasferta di Atene. E a forza di sconfitte, puoi ritrovarti a 6 punti di distacco dalla Virtus Bologna prima in classifica dopo appena cinque giornate, che per una società dal budget e dal roster nobili come Milano è già un problema.
Non è che le cose siano precipitate in pochi giorni. Lo staff Olimpia sa che l’importante, in Italia, sarà entrare nelle otto che disputeranno i playoff, perché poi tutto si azzera e l’Europa sarà compiuta, nel bene o nel male. Il problema è che ci sarà sempre una domenica di campionato dopo un venerdì di Eurolega e non è che Milano potrà ogni volta scegliere di impegnarsi alla morte oltre confine e di farsi maltrattare in serie A.
La panchina lunga serviva proprio a questo: essere competitivi su tutti i fronti. Gudaitis è rientrato domenica, bentornato. Nedovic rivedrà la luce a Roma. Mack è quasi pronto. Ed Ettore Messina ha un vantaggio: un credito che gli permette di non finire (per ora) nella bufera.
Il vecchio saggio Valerio Bianchini, uno che di pallacanestro ne capisce, ha scritto ieri su Facebook che «ci vuole un percorso lungo, basato sulla continuità tecnica e sulla crescente identificazione per diventare la Grande Squadra che tratta tutti gli impegni allo stesso modo». Diamo tempo a coach Ettore di lavorare: al Cska, nel 2005, dopo poche partite venne messo in discussione. Arrivò a fine stagione vincendo tutto: titolo russo ed Eurolega. Perché non fidarsi?