A Porta Venezia scoperta la rete degli scafisti di terra
Centinaia di immigrati irregolari nelle mani dei passeur. La base in Porta Venezia
Inchiesta tra Monaco di Baviera e Milano, la squadra Mobile ha arrestato in città un egiziano e un eritreo (gestore di un noto bar nella zona di Porta Venezia, in via Lazzaro Palazzi). I due sono accusati di aver organizzato, in direzione Germania, i viaggi di almeno un centinaio di migranti, in larga parte ugualmente eritrei e irregolari, fornendo loro documenti fasulli. La polizia prosegue le indagini, alla ricerca di laboratori di falsari, oltre a continuare a percorrere altre piste, che potrebbero portare all’identificazione di complici, compresi italiani che hanno garantito il trasporto con le auto. Ogni singolo viaggio costava non meno di 500 euro. Il grosso delle partenze avveniva dalle stazioni ferroviarie Garibaldi e Centrale e dalla stazione dei bus di Lampugnano.
Il solito incontro tra domanda e offerta partendo da due antitetiche aspirazioni: quelle di chi cerca, oppure prova a cercare un futuro diverso, e di chi campa sulla pelle degli altri.
La squadra Mobile ha arrestato due uomini, il 42enne eritreo Danielo Negusse, assai noto nella zona di Porta Venezia in quanto gestore di un bar in via Lazzaro Palazzi, e l’egiziano 46enne Eldin Wahba Alaa. Secondo l’accusa, formulata dagli inquirenti tedeschi di Monaco di Baviera, i due — ma non si escludono complici, le indagini prosenon guono — hanno organizzato, in direzione proprio della Germania, i viaggi di almeno un centinaio di immigrati ir- regolari, in larga parte eritrei come Negusse, convinti di trovare in centro e nord Europa prospettive migliori rispetto alle opportunità di Milano, dove sono arrivati negli anni scorsi dopo aver attraversato il Mediterraneo e l’Italia.
Insieme ai presunti complici, nell’inchiesta italo-tedesca manca un secondo elemento, il presumibile laboratorio di documenti falsi che accompagnavano i trasferimenti, poiché è stato proprio da un passaporto artefatto che in Germania si sono accorti di anomalie. Lo sviluppo degli accertamenti ha veicolato alla Mobile diretta da Marco Calì le identità della coppia di «scafisti di terra». In un caso, la caccia s’è presto conclusa, nell’altro sono state necessa- rie attività di pedinamento e sopralluoghi.
La rete milanese comprende il bar in via Lazzaro Palazzi, come detto, più un appartamento in viale Molise 17 e un’agenzia viaggi nella vicina via Faà di Bruno, entrambi intestati a Eldin Wahba Alaa. Ogni singolo viaggio costava meno di 500 euro. Le partenze avvenivano da due stazioni ferroviarie (Centrale e Garibaldi), e dalla stazione dei bus di Lampugnano. In rare circostanze, qualcuno è salito su un aereo per Monaco di Baviera dagli aeroporti di Linate e Malpensa. I movimenti accertati dai tedeschi risalgono al biennio 2016-2017, ma nessuno si sente di escludere, tutt’anzi, che i due «scafisti di terra» abbiano gestito il traffico fino alle scorse ore, poco prima degli arresti. Un ulteriore filone ancora da setacciare è quello relativo alle abitazioni progressivamente utilizzate per ospitare i migranti in attesa di lasciare Milano. I primi inevitabili controlli conducono a Porta Venezia, punto di riferimento non soltanto cittadino della numerosa comunità eritrea, che in ogni modo da sempre si caratterizza per l’aiuto fornito ai connazionali in difficoltà e per l’ottima capacità di inserimento grazie a ristoranti e bar. Al proposito, interrogati ieri dal Corriere, alcuni eritrei si sono detti stupiti della cattura di Negusse. Al netto della difesa che fornirà agli inquirenti, il diretto interessato ha precedenti specifici, che i conoscenti ignorano o fingono di non sapere. L’esame dell’abbondante materiale sequestrato dalla polizia (computer, telefonini, pendrive) fornirà un indubbio aiuto, pur se non in tempi brevi, in quanto l’analisi dei tabulati dei cellulari, che sono stati definiti «caldi», permetterà di stilare una mappa dei contatti dell’eritreo e dell’egiziano, contatti di persone che ugualmente potrebbero aver avuto un ruolo. Sporadici come i voli aerei, ci sarebbero stati trasporti di migranti a bordo di macchine, guidate magari da italiani, ufficialmente autisti e conducenti ma tutti con un secondo «lavoro». L’impressione insomma è che torneremo a parlare di queste indagini, anche in considerazione della possibilità che gli arrestati, per provare a salvarsi se colpevoli, «cantino».
Arrestati i due falsari Caccia al laboratorio di documenti falsi: il prezzo di ogni singolo viaggio era di 500 euro