Due giorni per Brahms
Daniele Gatti dirige «La Fil» in Conservatorio
Le piace Brahms? La domanda galeotta di un celebre romanzo di Françoise Sagan e relativo film con Ingrid Bergman e Anthony Perkins, torna ora alla ribalta grazie alla folle idea di un grande direttore come Daniele Gatti e un’orchestra votata alle audaci imprese. Come questa maratona brahmsiana, quattro sinfonie e quattro concerti uno dopo l’altro nell’arco di un weekend. «Tutti pazzi per Brahms», sabato e domenica, da pomeriggio a sera alla sala Verdi del Conservatorio, in collaborazione con la Società del Quartetto e il Comune, è un’occasione da non perdere. Protagonisti i fantastici strumentisti de La Fil e due solisti d’eccezione, il violinista Frank Peter Zimmerman e il violonno cellista Jan Vogler.
Maestro Gatti, ovviamente a lei Brahms piace e molto...
«È stato uno dei miei primi amori, ero ragazzo quando mio padre me lo fece scoprire. Poi c’è voluto il resto della vita per inoltrarsi nella sua affascinante complessità, nel suo mistero. E il viaggio continua».
Dopo l’integrale di Schumann di maggio sempre con La Fil, una nuova sfida.
«Due geni della musica romantica tedesca, entrambi debitori della grande lezione di Beethoven, non a caso in programma insieme con Schumann per sottolineare la continuità d’ascolto. Una bella partenza per una nuova orchestra che riunisce generazioni diverse, giovani talenti e strumentisti affermati provenienti da Santa Cecilia e dalla Scala, dalla Sinfonica Rai, dal Regio di Torino, Comunale di Bologna e La Fenice».
Il meglio delle orchestre italiane, ma non solo...
«All’inizio con Roberto Tarenzi, viola del Quartetto Borciani e Carlo Maria Parazzoli, primo violino di Santa Cecilia, fondatori de La Fil con l’editore Luca Formenton e con me, si era pensato di dar vita a una sorta di Nazionale della musica capace, proprio come per il calcio, di riunire il meglio delle nostre squadre. Ma appena è corsa voce, altri orchestrali amici si sono fatti vivi dall’estero chiedendo di partecipare all’iniziativa. E così da nazionale la Fil si è trasformata subito in internazionale. Nelle nostre file suonano prime parti della Mahler Chamber, dei Wiener Philharmoniker, della National de France. E per Brahms si sono aggiunti la prima viola del Met di New York, il primo contrabbasso della Filarmonica di Helsinki».
Vederli provare gomito a gomito dà il senso di un mondo senza barriere. Quali opportunità offre a un giovane musicista?
«Di allargare conoscenze e mettersi in contatto con realtà lontane che potrebbero tornargli utili. Vista la situazione della musica classica in Italia, è probabile che un giovane oggi finisca all’estero. La Fil è una palestra ad alto livello. L’entusiasmo e l’impegno sono stupefacenti».
Non tutti però sembrano pensarla così; a Milano il vostro arrivo ha messo in allarme molti.
«Sono stupito. Il format della La Fil è tutto diverso, ci si riunisce “a progetto”, a Miladue volte l’anno. La prossima sarà a primavera, al Lirico. Non siamo in concorrenza con nessuno, i nostri sostegni sono solo privati. Chi potrebbe essere così meschino da ostacolare un’orchestra dove il settanta per cento dei musicisti potrebbero essere nostri figli?».
Il 10 dicembre a Roma lei aprirà la stagione con la versione francese dei Vespri siciliani. Quando la rivedremo alla Scala?
«In aprile con “Pelléas et Mélisande” di Debussy. Per me milanese la Scala è un luogo del cuore. Ma lo è anche il Conservatorio, la sala della mia giovinezza. Ogni volta che varco quel portone mi sento a casa».
Il musicista tedesco è stato uno dei miei primi amori. Poi c’è voluto il resto della vita per inoltrarsi nel suo mistero