Como, piscina chiusa Atleti e bambini «esiliati» da luglio in impianti lontani
Tra le vasche sostitutive anche una all’aperto
COMO Borsa della piscina e zaino per la scuola. In acqua alle 6 del mattino, a Cantù; un’ora e mezza di vasche prima di andare a lezione e poi di nuovo ad allenarsi, nel pomeriggio, peregrinando da un impianto all’altro tra le province di Como, Varese e anche Milano, ovunque ci siano delle corsie disponibili. Persino all’aperto, in mancanza di alternative. L’unica piscina olimpionica del territorio lariano, a Como nel quartiere di Muggiò, è chiusa da luglio per lavori e problemi tecnici che il Comune fatica a risolvere e per i circa 1.200 atleti delle società sportive che fanno riferimento all’impianto «la situazione è catastrofica», per dirla con le parole del presidente della Comonuoto Mario Bulgheroni. Per i giovani più promettenti dell’agonistica, che hanno bisogno di allenamenti intensivi, quella che per tutti gli altri ragazzini è un’odissea diventa un tour de force.
«La chiusura estiva della piscina di Muggiò doveva essere breve, per interventi programmati — dice Bulgheroni —. Siamo arrivati a fine ottobre senza sapere quando le vasche saranno disponibili e quale sia davvero il problema. Per i ragazzi è un disastro. Ci sono famiglie che ritirano i figli dai corsi e la società sta sostenendo costi quattro volte superiori al normale per pagare gli spostamenti e le piscine dalle 6 alle 7.30 e poi a riprendere nel pomeriggio passando da un impianto all’altro». Nessuna certezza sui tempi di riapertura della piscina di Muggiò. «Stiamo lavorando per mettere a punto una convenzione con la Federazione Italiana Nuoto, che dovrebbe prendere in gestione gli impianti — dice l’assessore allo Sport del Comune di Como Marco Galli —. Nel frattempo i tecnici stanno facendo il punto sugli interventi indispensabili sulla struttura. L’obiettivo è aprire nel più breve tempo possibile almeno le vasche e poi pensare alla riapertura totale anche delle tribune e di tutti gli spazi».
La società sportiva «Non si è capito quale sia il problema. Per i ragazzi è un disastro, molti rinunciano»