«Cambia lo skyline Ma nei quartieri chiusi crescono le solitudini»
L’urbanista Giancarlo Consonni
«Un nuovo elemento che va a incrementare lo skyline di Milano, ormai fatto di oggetti che esprimono la solitudine contemporanea». Giancarlo Consonni, 76 anni, professore emerito di Urbanistica del Politecnico, commenta il nuovo tassello per il progetto Citylife.
Alle tre torri si aggiungono due edifici collegati da un porticato. Cosa ne pensa?
«Mi sembra una conferma di quanto Milano sta facendo da tempo: si sta incamminando lungo la strada dell’omologazione alle metropoli dominanti dell’Occidente e del Sud-Est asiatico. Si costruiscono grattacieli sigillati, illuminati alla sera ma che in realtà sono un mortorio».
Nel nuovo quartiere ci sono anche spazi aperti alla cittadinanza. «Ma in questo caso non fanno da collante, sono ambigui e con una sottile militarizzazione. La qualità della città si definisce e si vive ai piani terra. Mi sembra invece che questi edifici esprimano arroganza e indifferenza».
Uno specchio dell’anima moderna di Milano?
«Il balzo in avanti della città negli ultimi 15 anni esprime la sua potenza, merita di essere guardato con rispetto. Ma le nuove forme tradiscono la sua storia, fatta di misura e di rapporti umani. D’altra parte l’architettura non mente: il nuovo skyline è il volto della capitale finanziaria d’Italia, ma si distacca dalle periferie e dal sistema metropolitano e questo distacco si riflette negli elementi architettonici». Come mantenere armonia e coesione nella città? «La storia va continuamente reinventata ma tenendo fermi i valori su cui si fonda la vita associata. La trasformazione va governata. Compito dell’amministrazione è dialogare con i privati per dare vita a una città equilibrata e in cui si integrino i ceti sociali».