Corriere della Sera (Milano)

I LAVORI GENIALI DI GIO PONTI UNA MEMORIA DA DIFENDERE

- Via Fauchè C. Zambon Fulvio Irace gschiavi@rcs.it

Mi associo alle segnalazio­ni che leggo sul Corriere per dire la mia: mi domando come mai, vista la continua penuria di vigili in città, al mercato di via Fauchè (che percorro tutti i martedì per andare al Buzzi a fare il mio turno di volontaria­to) ci siano sempre almeno 3 pattuglie di vigili e carro attrezzi pronto (quindi 6 persone come minimo), che si aggirano tra le bancarelle chiacchier­ando. Questo anche quando diluvia e il mercato ha meno della metà di ambulanti. E a pochi metri sulla circonvall­azione se succede un incidente aspetti... deve essere un mercato «di riguardo» se si usa tutto questo personale. Un peso e due misure?

Caro Schiavi, il 26 novembre il Maxxi di Roma celebra Gio Ponti — «architetto italiano, lombardo, milanese» come lui stesso si definiva — con una grande mostra. Titolo: «Amare l’Architettu­ra».Tra i capolavori esposti, oltre al Pirelli, figura un edificio finora poco noto, il Palazzo per le Assicurazi­oni Savoia in via San Vigilio, angolo Famagosta. Un progetto di grande rilievo, oltre a essere l’ultimo suo edificio nel 1971, pochi anni prima della morte. Lui lo considerav­a un «regalo alla mia città» per le innovazion­i di pianta e di facciata che lo hanno fatto esporre alla Biennale d’Architettu­ra di Venezia nel 2012. Defilato per la sua posizione periferica, il complesso ha al suo interno un bosco-giardino (il «bosco lombardo») che anticipava di 50 anni la questione ambientale della Milano verde. Dismesso e messo in vendita, oggi è uno scheletro abbandonat­o, oggetto di un progetto di riconversi­one che grida vendetta al buon senso e alla storia: entrando nel cortile si vedono già all’opera le gru per una cosiddetta «manutenzio­ne straordina­ria». Lo stesso destino incombe sull’ex Palazzo Ras, oggi Allianz, dismesso e oggetto di una trasformaz­ione radicale nell’impianto e nelle facciate, fatto passare per restauro e approvato come tale dal Comune di Milano. Il Palazzo fu progettato da Ponti e da Portaluppi negli anni 60 , con particolar­e attenzione al risvolto sulla chiesa di San Paolo Converso.

Stupisce che nessuno abbia sentito la necessità di consultars­i con la Soprintend­enza o di pensare all’importanza di questi due edifici nella storia moderna di Milano. Esiste un turismo colto di studiosi, ricercator­i, architetti che quasi ogni giorno bussa alle nostre porte del Politecnic­o per farsi scortare nella visita alle architettu­ra di Magistrett­i, di Muzio, di Ponti, di Caccia Dominioni… che sono la gloria della Milano del boom e la dimostrazi­one che si poteva essere moderni ed anche rispettosi dell’ambiente cittadino. Milano è oggi sulla cresta dell’onda ma non deve lasciarsi travolgere da un’euforia per il nuovo che mira al cuore della sua identità. Rinnovare non vuol dire cancellare il passato.

Caro Irace, condivido ogni riga del suo appello: non vorrei tra qualche anno rimpianger­e i capolavori distrutti. Noi siamo quel che siamo grazie ad alcuni giganti del passato che hanno fatto la storia, Mi piace la nuova Milano, ma senza la sua memoria rischia di diventare una città fotocopia, uguale a tante altre.

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