Luca e Rosita uccisi da una batteria in tilt
Il rogo partito dal monopattino
Ainnescare il rogo costato la vita ai due fidanzati Luca Manzin e Rosita Capurso, morti venerdì nel loro bilocale sul Naviglio Grande, sarebbe stato il cortocircuito della batteria di un vecchio monopattino. Il mezzo era stato messo in carica dai due giovani. Ma una possibile concausa della tragedia sarebbe legata alla presenza di vernici e solventi nella casa che potrebbero aver «stordito» i giovani a letto. Il pm Gaetano Ruta ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e sui corpi dei due fidanzati sarà eseguita l’autopsia. La morte quasi certamente a causa del fumo.
La casa di Rosita e Luca non era una trappola senza via d’uscita. Non era fatiscente e l’impianto elettrico, anche se ancora mancano gli esiti finali delle indagini, non sembra essere fuori norma. I due fidanzati uccisi nel rogo del bilocale sul Naviglio Grande non sono morti per l’incuria o per problemi alle norme di sicurezza. Piuttosto il sospetto degli investigatori — il pm Gaetano Ruta procede per omicidio colposo contro ignoti — è che la loro morte sia stata provocata da una serie di circostanze imprevedibili e diventate concause della tragedia.
I due fidanzati sono morti certamente per il fumo inalato che aveva completamente invaso l’appartamento. Ma una volta estratti i corpi e domate in pochissimi minuti le fiamme, i vigili del fuoco si sono trovati di fronte una scena inusuale per un incendio in appartamento con due vittime. La zona in cui si sono sviluppate le fiamme è stata circoscritta al solo ingresso del bilocale. In quel punto c’erano alcuni vestiti, scatole e oggetti, oltre al contatore elettrico (ma l’incendio non è partito da lì). L’ipotesi principale al momento è che il punto d’innesco sia stato in prossimità della batteria di un vecchio monopattino che era stata messa sotto carica dai due giovani. Il surriscaldamento della batteria, magari danneggiata dal tempo, avrebbe fatto uscire le prime scintille. L’incendio però è stato piuttosto latente. I pompieri hanno parlato di un lento processo di carbonizzazione che ha provocato moltissimo fumo nero ma fiamme contenute. Questo fattore è stato condizionato dalla presenza di materiali plastici e sintetici nella zona dell’innesco: ci fosse stata della semplice carta l’incendio si sarebbe sviluppato con maggiore veemenza ma con meno fumo.
I due fidanzati alle 3 di venerdì notte dormivano. Probabilmente hanno iniziato ad inalare il fumo senza accorgersene. Tanto che non è escluso che il 29enne Luca Manzin, originario di Aulla (Massa Carrara), non si sia neppure svegliato visto che il suo corpo è stato trovato sul letto. Rosita Capurso, 27 anni, ha invece cercato di spegnere le fiamme mentre la zia e la compagna del padre (morto due anni fa) cercavano di entrare nell’appartamento. La zia è stata fermata dalle chiavi inserite nella serratura dall’interno che hanno impedito a quelle di scorta di azionare gli ingranaggi. L’altra donna è invece riuscita a calarsi dal tetto fino al balconcino della cucina, che si trova nella stessa sala dove è scoppiato l’incendio ma in una parte non coinvolta dalle fiamme. La donna è riuscita anche a rompere la porta finestra ma è stata fermata dal fumo.
All’interno le fiamme bloccavano la via d’uscita a Rosita (il punto d’innesco è stato vicino alla porta) e la giovane psicologa a quel punto ha deciso di prendere una bacinella dal bagno e dopo aver aperto il rubinetto ha cercato di spegnere il focolaio. I pompieri l’hanno trovata all’ingresso del bagno con a fianco i resti del recipiente.
Perché non ha cercato di aprire la finestra? Perché non ha puntato subito verso il balcone? L’appartamento era al buio, forse il fidanzato Luca non rispondeva alle sue grida e questo può aver amplificato la sensazione di choc e terrore nella ragazza. Gli investigatori della compagnia Porta Magenta dei carabinieri e del Nucleo investigativo antincendi dei vigili del fuoco non escludono però un altro fattore che potrebbe aver provocato forte stordimento nei ragazzi: vicino al punto d’innesco c’erano vernici e solventi usati per dipingere una parete. I solventi avrebbero contribuito a provocare ancora più fumo, ma sopratutto i vapori delle vernici avrebbero come «intontito» i due giovani. E questo effetto potrebbe aver reso più complicate le loro reazioni, al buio, davanti al pericolo.