Cronache dell’infermiere Poretti
Giacomo nella pièce autobiografica «Chiedimi se sono di turno»
Si ride e si riflette, secondo una ricetta delicatamente bilanciata che ha già dato ottimi risultati in «Fare un’anima» con cui, dopo i successi personali come scrittore, Giacomo Poretti — volto inconfondibile del trio comico Aldo, Giovanni & Giacomo — lo scorso anno ha raccolto consensi anche come drammaturgo e protagonista descrivendo con acume e sensibilità le fatiche, fisiche e spirituali, di dover crescere un figlio. Il consenso di pubblico e critica lo ha così convinto a tornare ad attingere al ricco patrimonio autobiografico anche questa stagione per proporre «Chiedimi se sono di turno» la cui prima assoluta va in scena domani al Teatro Oscar deSidera (della cui stagione Poretti, insieme a Luca Doninelli e Gabriele Allevi, è quest’anno direttore artistico).
«Il protagonista è un infermiere che si racconta durante un turno di notte, mentre è da
Ex caposala solo in ospedale — racconta Poretti —. Per usare un parolone, questo è l’artificio drammaturgico che mi ha permesso di parlare del mestiere di infermiere che mi è sembrato un mondo meraviglioso da descrivere. Anche perché c’è una bella dose di autobiografia, visto che ho lavorato in ospedale per 12 anni: sono entrato per necessità e controvoglia e mi sono fermato per anni passando dalla posizione di ausiliario delle pulizie per raggiungere, dopo il diploma professionale, quella di caposala».
Tornando a vestire, questa volta per finzione teatrale, la peculiare divisa bianca, Giacomo descrive con profondità e ironia leggera un ambiente che ben conosce sostenuto dalla regia di Andrea Chiodi. «Andrea, con cui ho lavorato già in “Fare un’anima“, mi ha aiutato molto sia nella messinscena sia nei toni recitativi, non sempre facili visto che è un monologo — conclude Poretti che dal 30 gennaio sarà poi al cinema nel nuovo film del Trio «Odio l’estate» —. Perché c’è modo di divertirsi e ridere, ma si descrive anche un mondo particolarissimo in cui l’umanità si incontra: da una parte c’è il malato con le sue ansie e le paure, dall’altra medici e infermieri. Io ovviamente racconterò la cosa dal punto di vista degli infermieri, quelli più direttamente a contatto con i pazienti, responsabili dell’aspetto più strettamente corporeo. Una vicinanza delicatissima perché devi imparare un equilibrio fragile fra affezione e distacco: se ti affezioni troppo, specie in certi reparti, rischi di perdere un amico a settimana… ma se sei troppo distante finisci per rischiare il cinismo!».