«Chiudo lo studio: pazienti in ansia Il mio sostituto? Spero un allievo»
Mussi, 67 anni: esami e cure, serve un riforma
«Nel 2020 compirò 68 anni, mi sto avvicinando alla pensione: il limite massimo è 70 anni. La voce è già girata tra i pazienti in sala d’aspetto, che sono preoccupati fin da ora». Irven Mussi è medico di base dal 1983, con studio in via Palmanova. È uno dei quasi mille dottori lombardi che nei prossimi due anni potrà smettere di lavorare.
Non vogliono lasciarla riposare?
«I pazienti ne stanno facendo un dramma in anticipo, hanno detto che continueranno a rivolgersi a me. E il dramma è accentuato dal fatto che molti altri colleghi se ne andranno presto in pensione e non subentrano altrettanti nuovi medici di famiglia. La carenza inizia a sentirsi anche a Milano».
Partiamo dall’inizio. Perché ha scelto di diventare medico di base e non, per esempio, chirurgo?
«In realtà mi sono specializzato in Medicina del lavoro. Poi mi sono trovato a sostituire un medico di famiglia e mi sono innamorato della professione. Non ho più avuto dubbi».
Cosa l’ha conquistata? «La relazione personale
Reazioni I pazienti sono preoccupati fin da ora, ne fanno un dramma E tanti altri colleghi lasceranno i loro incarichi a breve
L’eredità Perché scegliere un tirocinante? La fiducia che i cittadini hanno in me si trasmetterebbe al nuovo arrivato
con il paziente, la possibilità di averne una visione globale che comprende anche i suoi problemi familiari e sociali. Un rapporto impagabile». Come è organizzato il suo studio?
«All’inizio lavoravo da solo, poi 15 anni fa ho deciso di aprire un ambulatorio con altri colleghi. In questo modo riusciamo ad essere disponibili dalle 8 di mattina alle 8 di sera».
Non si perde il rapporto col paziente?
«Ciascuno ha un medico di riferimento, ma in caso di necessità può rivolgersi agli altri dottori. Abbiamo poi una segretaria e io un’infermiera. Lo studio in condivisione permette di dividere i costi, ma anche di avere un confronto con i colleghi».
I suoi pazienti saranno curati dai colleghi di studio quando andrà in pensione?
«Purtroppo non sarà possibile, perché sono tutti massimalisti, ovvero hanno già raggiunto il numero massimo di cittadini in cura».
E allora i pazienti hanno ragione ad essere preoccupati, saranno abbandonati.
«In realtà spero che subentri uno dei miei allievi, sono tutor dei corsi di formazione. Per i pazienti sarebbe importante: la fiducia che hanno in me si trasmetterebbe al nuovo arrivato, sapendo che è stato mio tirocinante».
Ma quella di medicina generale non è tra le specializzazioni più ambite.
«Spesso è solo poco conosciuta. Chi viene dai corsi rimane positivamente sorpreso. E poi credo che la professione debba evolversi per adeguarsi alle esigenze dei pazienti».
Come?
«È indispensabile che i medici di base possano fare anche alcuni esami, per ridurre le liste d’attesa e le corse al pronto soccorso. La tecnologia ce lo permette. Inoltre così potremo finalmente fare una seria presa in carico dei malati cronici».