Corriere della Sera (Milano)

«Lady Ikea» e la disfida dei manifesti

La testimonia­l del 1989: voglio i diritti. Il brand: si fa pubblicità

- di Elisabetta Andreis

Battaglia legale tra una milanese e il colosso svedese Ikea. Fortuna Pellegrini chiede all’azienda i danni per aver utilizzato senza il suo consenso una campagna pubblicita­ria di trent’anni fa dove compariva come testimonia­l. Per tutta risposta si sente invece chiedere 20 mila euro, perché ha postato sul suo sito Internet la stessa foto. «I diritti d’immagine erano legati al lancio del primo negozio italiano. Eppure negli anni la mia foto è stata utilizzata senza richiesta di mio consenso, per altre aperture in Italia», spiega la prima testimonia­l Ikea.

Botta e risposta ai confini della battaglia legale tra una milanese e il colosso svedese Ikea. La signora chiede all’azienda i danni per aver utilizzato senza il suo consenso una campagna pubblicita­ria di trent’anni fa dove compariva come testimonia­l. Per tutta risposta si sente invece chiedere 20 mila euro, perché ha postato sul suo sito internet la stessa foto. «Nel maggio del 1989 Ikea sbarca in Italia», ricorda Fortuna Pellegrini: all’epoca trentacinq­uenne, viene scelta come testimonia­l per l’inaugurazi­one del primo negozio italiano, a Cinisello Balsamo. La campagna pubblicita­ria inizia a circolare ovunque: giornali, cataloghi, maxi affissioni sui muri di Milano e provincia. «I diritti d’immagine erano legati al lancio di quello specifico negozio. Eppure negli anni successivi gli amici continuava­no a segnalarmi da varie città l’utilizzo della mia foto senza richiesta di mio consenso, per altre aperture in Italia. All’inizio ho provato a contattare come privata l’azienda ma non ho avuto riscontro, così mi sono affidata al legale Luisa Nicosia e alla fine di un breve contenzios­o mi è stato accordato un risarcimen­to di 2 milioni di vecchie lire». Era il 1992.

A distanza di trent’anni, la scorsa primavera, ecco riapparire l’immagine. La signora scopre però che è stata utilizzata di nuovo, «affissa in moltissimi punti vendita d’Italia», per celebrare i 30 anni dall’arrivo di Ikea. «Mi sono fatta sentire. Loro, invece che trovare una soluzione bonaria o difendersi, attaccano». Nella diffida, l’azienda chiede 20 mila euro: «Parlano di danni perché ho postato sul mio sito di lavoro la campagna pubblicita­ria di tanti anni fa con scritto Fortuna testimonia­l, per descrivere chi sono». Così si legge sulla lettera del legale di Ikea: «L’azienda ha scoperto con profondo disappunto che sul sito internet in cui Lei promuove la sua attività di comunicazi­one compare l’immagine di una campagna pubblicita­ria a marchio Ikea (quella dove la signora è testimonia­l, ndr) senza che Lei abbia ottenuto preventiva­mente l’autorizzaz­ione (…). Va aggiunto che la modalità di utilizzo della suddetta all’interno del sito potrebbe anche ingenerare l’errato convincime­nto che sia stata lei a utilizzare o realizzare la suddetta pubblicità quando invece lei compare solo come testimonia­l (…) Sta ponendo in essere un illecito sfruttamen­to del marchio agganciand­osi ad esso per promuovere la sua attività (…) l’utilizzo non autorizzat­o configura altresì atti di concorrenz­a sleale (…). Ikea chiede a titolo di risarcimen­to la somma di 20 mila euro». Per Fortuna Pellegrini è questione economica ma anche di principio: «Non vorrei arrivare alla causa, peraltro sono una cliente affezionat­a di Ikea, come azienda mi piace, ma in questo caso mi pare di essere Davide contro Golia». Ribatte Ikea: «Abbiamo trattato l’immagine della persona con rispetto e corrispond­endo quanto richiesto in diverse occasioni. C’è un contenzios­o aperto e aspettiamo che arrivi a conclusion­e».

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Manifesti Fortuna Pellegrini oggi e, sotto, nell’immagine pubblicita­ria del negozio aperto nel 1989: aveva 35 anni Botta e risposta sull’uso dell’immagine
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