Il piano «green» di Ludovico Einaudi
Trenta cortometraggi da tutto il mondo sul cambiamento climatico
Nel 2016 Ludovico Einaudi presentava al mondo la sua «Elegy For The Arctic», sonata commissionata da Greenpeace ed eseguita su una piattaforma mobile sul Mar Glaciale Artico contro lo scioglimento dei ghiacci. Da allora l’interesse del pianista e compositore per la salvaguardia di quella natura che per lui è da sempre fonte d’ispirazione è più vivo che mai: di qui l’idea di «Climate Space», rassegna di cortometraggi d’autore organizzata in occasione dei suoi 15 concerti al Dal Verme — da oggi al 21 dicembre — assieme a Francesco Cara, attivista del Climate Reality Project guidato dall’ex vicepresidente Usa e Premio Nobel per la pace Al Gore. «Tutto nasce dalla convinzione che al discorso tecnicoscientifico sulla crisi climatica sia utile accostare una narrazione che mobiliti le emozioni trainata dalle varie forme d’arte», spiega Cara, anche docente di Design For The Anthropocene allo Ied.
Trenta in totale i titoli selezionati, anche in base all’affinità con la musica di Einaudi, il cui ultimo lavoro «Seven Days Walking» è un corpus di 7 album scritti in seguito a lunghe camminate in montagna: «In mezzo a tempeste di neve in cui tutte le forme sembravano perdere contorni e colori i miei pensieri volavano liberi», ha detto lui, che al Dal
Verme sarà affiancato da Federico Mecozzi (violino, viola) e Redi Hasa (violoncello). «Apriremo con la proiezione di “Overview” di Zaria Forman, artista newyorkese che dipinge iceberg in grande formato e che durante una delle sue spedizioni ha filmato il mare di Lincoln in Groenlandia, territorio che si sta sciogliendo», osserva Cara. «Guardandolo gli spettatori si ritroveranno immersi in grandi spazi quali quelli evocati dai brani di Ludovico». Le proiezioni si terranno nei giorni delle performance alle 16.45, alle 18 e alle 22.15. E per la Giornata Internazionale della Montagna dell’11 dicembre si proporrà un incontro che alle 15 vedrà lo stesso Einaudi confrontarsi con l’alpinista Hervé Barmasse, lo scrittore Paolo Cognetti e altri. «Non mancheranno corti dedicati a popolazioni che mantengono un rapporto sostenibile con l’ambiente», continua Cara citando «il bellissimo “Keeper of The Flame” di Jason van Bruggen, sull’incontro con la modernità di un cacciatore Inuit». E conclude: «Gli studi scientifici mostrano come solo l’azione umana può spiegare la concentrazione di anidride carbonica che abbiamo oggi nell’atmosfera. Dalla rivoluzione industriale in poi abbiamo costruito un mondo non sostenibile, ma con la conferenza di Parigi sul clima del 2015 si è raggiunta una maggiore consapevolezza sulle risposte che si possono dare. Ora, come dice Greta, serve il coraggio politico».