Tosca, che spettacolo Ecco le scenografie
Il volo finale, le celle delle torture, altare in fiamme e opere animate sul palco della Prima della Scala Viaggio tra le scene curate da duecento artisti del Piermarini
Arte che si anima, il volo finale della protagonista che diventa vero (grazie a un braccio meccanico), altare in fiamme: viaggio fra le scenografie della Tosca.
La fabbrica della Scala si svela dietro le quinte. Ultime ore al 7 dicembre, le più frenetiche. Un cantiere aperto, invaso dall’esercito delle maestranze, impegnate a metter a punto le costruzioni ardite che promettono di fare di questa Tosca inaugurale una Tosca delle meraviglie. Ad accompagnarci attraverso i meandri di una macchina scenica di rara imponenza e sofisticata tecnologia, è Cristiana Picco, scenografa e coordinatrice dello Studio Giò Forma, già a fianco del regista Davide Livermore per lo spettacolare Attila dello scorso Sant’Ambrogio.
Bionda e esile, Cristiana cela dietro il sorriso gentile una tempra d’acciaio che le consente di reggere le fila di un progetto teatrale ideato con la logica del cinema, per renderlo appetibile anche alle platee televisive e cinematografiche coinvolte in diretta o in differita. «Quello che sta nascendo un kolossal immersivo, dove lo sguardo entra dentro la scena, che si muove, si sposta di continuo, e dove persino i quadri prendono vita» sintetizza Picco che per due mesi ha coordinato il lavoro di circa 200 addetti alle scene. «In gran parte donne, macchiniste, attrezziste, decoratrici. Con un’attenzione al dettaglio prettamente femminile». Seguendo la logica del thriller — tutto inizia con un evaso in fuga — il ritmo dell’azione non lascia scampo. Fedele al libretto la scansione dei luoghi: il primo atto la basilica di Sant’Andrea della Valle, il secondo Palazzo Farnese, il terzo Castel Sant’Angelo. Picco indica un capitello rifatto con minuzia filologica. «Ogni angolo della chiesa, dalla cripta alle cappelle, verrà esplorato come in un’unica zoomata. Tosca apre il ’900, il secolo del cinema. Puccini l’amava molto e ne sarà ricambiato perché il cinema ruberà tanto alla sua musica». Sempre nel primo atto, va fatta attenzione al quadro della Maddalena a cui Cavaradossi lavora. «Grazie ai Led trasformerà la santa in un tableau vivant, come pure accadrà ai quadri ispirati al Carracci del secondo atto». Di grande effetto l’altare dorato, quasi 10 metri d’altezza, la cui raggiera cita l’Estasi di Santa Teresa del Bernini nel momento clou del Te Deum. «Sormontato da tre croci al neon e costellato da candele accese, alla fine prenderà fuoco». Candele e neon, segni di epoche diverse. «Ogni atto avrà un riferimento al presente. Tosca si svolge nel 1800 ma dentro ci sono tracce del grande barocco romano, del neoclassicismo naè poleonico, del nostro razionalismo. Un modo di ricordare la grandezza della storia dell’arte italiana». Scelte con cura anche le statue che nel secondo atto appaiono in un Palazzo Farnese ricostruito con finti marmi e soffitti a cassettone: il Leone che schiaccia la serpe di Antoine Louis Barye, la Madonna velata di Leonardo Bistolfi, l’Annunciazione di Francesco Mochi, e un Falco dello scultore contemporaneo Achille Picco, che è anche il padre di Cristiana. «A citazione della prima frase di Scarpia: “Tosca è un buon falco”».
Quanto a Castel Sant’Angelo, verrà evocato da un’enorme ala nera spruzzata d’oro, sotto cui si nasconde il carcere dove verrà fucilato Cavaradossi. Sulle sue frange estreme si inerpicherà Tosca per buttarsi di sotto. «Ma essendoci qualche minuto in più di musica, recuperata dal maestro Chailly dalla partitura originale, bisognava inventare qualcosa…». Il volo fatale per una volta si vedrà davvero. Trasformato in apoteosi grazie a un invisibile braccio meccanico. «Un colpo di teatro finale pari a quello che a Palazzo Farnese farà emergere da un pavimento a specchio le segrete dove viene torturato il povero pittore». Tutta questa complicata e gigantesca macchina scenica dopo le recite scaligere verrà scomposta a sezioni in vista della tournée della Scala in Giappone. «Abbiamo realizzato ogni elemento in modo da poterlo stipare dentro dei container. E rimontare sul palcoscenico di Tokyo, ben più piccolo del Piermarini, questa wunderkammer di emozioni della Diva chiamata Tosca».