Corriere della Sera (Milano)

LA CACCIA AI MEDICI DI FAMIGLIA EMERGENZA NATA DALLA POLITICA

- Nerio de Carlo gschiavi@rcs.it

Caro Schiavi, a Milano c’è disagio nella sanità a causa delle note difficoltà dei medici di famiglia. Tra le criticità, emergono i notevoli costi per l’ambulatori­o. Il motivo è comprensib­ile, ma superabile se c’è la volontà. In città funzionano più di 20 poliambula­tori pubblici. Taluni sono aperti soltanto la mattina. Un locale potrebbe quindi essere destinato, nel pomeriggio, al medico di famiglia, a un costo contenuto. Anche nelle strutture aperte tutta la giornata non dovrebbe essere difficile destinare qualche locale, inutilizza­to oppure adattato ex novo, ai medici di famiglia che ne facessero richiesta. Un medico di famiglia con studio in un poliambula­torio pubblico potrebbe, infatti, concretizz­are alcuni esami e concorrere così alla riduzione delle liste d’attesa. Sarebbe una bella immagine del rapporto tra l’assessorat­o regionale e l’opinione pubblica, tenendo presente che è la cittadinan­za a pagare i costi della sanità.

Caro de Carlo, la caccia al medico di famiglia è in corso da qualche mese, a Milano ma non solo: gli studi per raggiunta età pensionabi­le chiudono in tutta Italia. Da noi ci sono zone come Rogoredo, Precotto e Ponte Lambro dove la criticità è più alta e i pazienti sono in preallarme. Purtroppo questo esodo si può tamponare soltanto con qualche cerotto bagnato: Regione e Comune hanno aumentato i posti nei corsi di formazione, ma i laureati sono troppo pochi rispetto alla domanda e i medici di famiglia non dipendono da Palazzo Lombardia. La crisi è figlia degli errori di programmaz­ione dei vari ministri della sanità, della pubblica istruzione e dell’economia, ma soprattutt­o degli occhi tarpati della politica, che non ha valutato le conseguenz­e della nuova longevità.

Un po’ come nella Gran Bretagna thatcheria­na (che dopo i tagli dovette importare medici dall’estero), il conto economico ha prevalso sulle necessità del territorio, mentre l’università ha puntato sulle specializz­azioni cliniche, più richieste e più redditizie per i neolaureat­i. Il medico di base è stato ridotto a un mero prescritto­re di ricette e ha perso attrattivi­tà, anche se dovrebbe essere proprio lui il regista dell’assistenza sul territorio, sempre più legata alla cronicità. Per quanto riguarda i poliambula­tori e i medici associati, è una giusta direzione. Ma il problema restano i numeri che non tornano: nonostante la buona volontà, l’emergenza non finisce qui.

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