LA CACCIA AI MEDICI DI FAMIGLIA EMERGENZA NATA DALLA POLITICA
Caro Schiavi, a Milano c’è disagio nella sanità a causa delle note difficoltà dei medici di famiglia. Tra le criticità, emergono i notevoli costi per l’ambulatorio. Il motivo è comprensibile, ma superabile se c’è la volontà. In città funzionano più di 20 poliambulatori pubblici. Taluni sono aperti soltanto la mattina. Un locale potrebbe quindi essere destinato, nel pomeriggio, al medico di famiglia, a un costo contenuto. Anche nelle strutture aperte tutta la giornata non dovrebbe essere difficile destinare qualche locale, inutilizzato oppure adattato ex novo, ai medici di famiglia che ne facessero richiesta. Un medico di famiglia con studio in un poliambulatorio pubblico potrebbe, infatti, concretizzare alcuni esami e concorrere così alla riduzione delle liste d’attesa. Sarebbe una bella immagine del rapporto tra l’assessorato regionale e l’opinione pubblica, tenendo presente che è la cittadinanza a pagare i costi della sanità.
Caro de Carlo, la caccia al medico di famiglia è in corso da qualche mese, a Milano ma non solo: gli studi per raggiunta età pensionabile chiudono in tutta Italia. Da noi ci sono zone come Rogoredo, Precotto e Ponte Lambro dove la criticità è più alta e i pazienti sono in preallarme. Purtroppo questo esodo si può tamponare soltanto con qualche cerotto bagnato: Regione e Comune hanno aumentato i posti nei corsi di formazione, ma i laureati sono troppo pochi rispetto alla domanda e i medici di famiglia non dipendono da Palazzo Lombardia. La crisi è figlia degli errori di programmazione dei vari ministri della sanità, della pubblica istruzione e dell’economia, ma soprattutto degli occhi tarpati della politica, che non ha valutato le conseguenze della nuova longevità.
Un po’ come nella Gran Bretagna thatcheriana (che dopo i tagli dovette importare medici dall’estero), il conto economico ha prevalso sulle necessità del territorio, mentre l’università ha puntato sulle specializzazioni cliniche, più richieste e più redditizie per i neolaureati. Il medico di base è stato ridotto a un mero prescrittore di ricette e ha perso attrattività, anche se dovrebbe essere proprio lui il regista dell’assistenza sul territorio, sempre più legata alla cronicità. Per quanto riguarda i poliambulatori e i medici associati, è una giusta direzione. Ma il problema restano i numeri che non tornano: nonostante la buona volontà, l’emergenza non finisce qui.