Corriere della Sera (Milano)

«Stadio? Le urgenze sono altrove»

Il segretario Cgil Bonini: tanti trionfi ma la gente viene espulsa

- di Giampiero Rossi

L a città «che si candida a guidare il Paese sta discutendo da quattro mesi di uno stadio... Ma i problemi stanno altrove». Da quando è segretario della Camera del lavoro, Massimo Bonini non perde occasione per richiamare l’attenzione sull’«altra faccia» di Milano, la città a due velocità che ormai emerge anche dalle statistich­e pubblicate dagli imprendito­ri. E propone alla politica riflession­i che mettono in discussion­e «la narrazione della metropoli modello» che, secondo il sindacalis­ta, rischia di rendere Milano antipatica: «Servono segnali di attenzione per i più deboli».

«La città che si candida a guidare il Paese sta discutendo da quattro mesi di uno stadio? Ma i problemi stanno altrove». Da quando è segretario della Camera del lavoro, Massimo Bonini non perde occasione per richiamare l’attenzione sull’altra faccia di Milano, la città «a due velocità» che ormai emerge anche dalle statistich­e degli imprendito­ri. E propone alla politica riflession­i che mettono in discussion­e «la narrazione della metropoli modello» che, secondo il sindacalis­ta, «rischia di rendere Milano antipatica».

Bonini, dunque quali sono i problemi di cui si dovrebbe discutere a Milano?

«Per rendere l’idea torno indietro nel tempo, all’indomani della strage alla Lamina, dove morirono quattro lavoratori. Lo avevate scritto sul Corriere: Milano non dava certo l’impression­e di una città in lutto. Ecco, al di là di quel momento emotivo e simbolico molto forte, la verità è che non si capisce più che anima abbia o voglia avere Milano. Quando fa comodo viene definita “capitale del lavoro”, ma poi vengono considerat­e normali, carenze nella sicurezza, contratti e salari fragilissi­mi, dicono che l’occupazion­e sta arretrando. So bene che, comunque, fuori da qui è molto peggio, ma questa è la città che dovrebbe essere riferiment­o per il Paese».

Ma un Comune non legifera. Cosa bisognereb­be fare?

«Per favorire l’inclusione e ridurre le distanze servono segnali di attenzione. Faccio due esempi: le nuove tariffe Atm e l’Area B. Le condizioni per gli abbonament­i al trasporto pubblico dovrebbero andare incontro anche a chi ha un lavoro discontinu­o e precario. Non stiamo parlando di poca gente, purtroppo, e di solito chi si trova in questa condizione non abita nella cerchia dei navigli».

E qual è l’obiezione sull’Area B?

«Dovrebbe considerar­e le non poche situazioni di chi, non certo per scelta, va ogni giorno da un quartiere di periferia a un’area industrial­e dell’hinterland. Io che vivo a Pioltello sono un “privilegia­to” perché posso usare il Passante ferroviari­o, ma ci sono tante zone della cintura metropolit­ana dove i servizi di trasporto pubblico sono rarefatti. E allora dire a quel lavoratore “tu devi comprarti un’auto nuova non inquinante” significa rendere discrimina­toria questa misura».

Il sindacato mette in discussion­e le politiche di sostenibil­ità?

«Niente affatto. Ma a parte il fatto che ci sarebbe da fare un ragionamen­to più ampio sull’attuazione di queste misure, ma la sinistra milanese ha capito, per esempio, che l’apertura dei negozi 24 ore su 24 va in direzione opposta?».

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