LE DONNE VITTIME DUE VOLTE PIÙ EDUCAZIONE AL RISPETTO
Caro Schiavi, intervengo sulla violenza di genere, sollecitata dal bell’articolo di domenica scorsa di Vivian Lamarque, nel quale si dubitava dell’opportunità degli insistenti inviti pubblicitari fatti alla donna affinché denunci le molestie. Ogni volta che mi capita di sentirne uno, così come ogni volta che qualche giornalista si sofferma sulla difficoltà della donna nel denunciare, sulla sua presunta mancanza di coraggio, quasi che a lei fosse demandato il compito di mettersi in salvo e come se il dovere di tutela da parte dello Stato svanisse per incanto alla vista, penso che sto assistendo all’ennesima forma di colpevolizzazione della vittima, oltre che a un sotteso e inconsapevole avallo della legge del più forte.
Non sto insinuando che noi cittadine, allorché ci ritroviamo nella tragica circostanza di essere oggetto di una qualsivoglia forma di violenza di genere (dalle meno gravi alle più atroci, dalle più occasionali alle più prolungate) dovremmo restare inerti nell’attesa che lo Stato, vestendo i panni del Principe azzurro, venisse a salvarci. Dico però che, se si invita con tanta solerzia e da più parti la donna a denunciare, occorre che altrettanta solerzia venga impiegata nell’invitare le istituzioni a legiferare in ottica di genere, a preparare poliziotti, magistrati e avvocati con una formazione appropriata, affinché chi denuncia non debba farlo da martire o da eroina ma da cittadina: consapevole e sicura di trovare nelle istituzioni la tutela cui, sulla carta, ha diritto. E la stessa formazione in ottica di genere andrebbe data ovviamente a tutti, dalla culla all’età adulta, a prescindere dal lavoro che ci ritroveremo a fare e per il semplice fatto che viviamo in società, in una società che vorremmo senz’altro più civile.
Cara Francesca, rispondo con pudore e con rispetto, perché il coraggio delle donne che denunciano è un gesto sofferto in una situazione d’emergenza. Condivido il suo ragionamento: non facciamone un alibi per scaricare colpe o responsabilità sulle stesse donne, che si trovano ad essere due volte vittime. Ci sono latitanze sociali e c’è una paralisi di azioni capaci di contrastare violenze di genere e femminicidi. A Vivian Lamarque sul Corriere ha risposto martedì Antonio Polito, sollecitando il mondo maschile a non limitarsi alla riprovazione scritta o verbale. C’è troppa gratuita diffusione di cattiveria e poca educazione al rispetto, dalla scuola al mondo del lavoro. Non so da dove si debba cominciare, ma bisogna cominciare.