Corriere della Sera (Milano)

’Ndrangheta Preso storico «narcos»

Buccinasco, la polizia arresta Pietro Amante, 71 anni. La droga era nascosta nell’airbag

- di Cesare Giuzzi

Pietro Amante, per gli intimi lo «zio Piero», è e resta uno dei più importanti narcotraff­icanti d’Italia. Il principale fornitore dei clan della cocaina della Lombardia. Adesso sembra impossibil­e a molti conoscitor­i della criminalit­à mafiosa al Nord leggere la sua parabola: la Mobile l’ha arrestato con un chilo e cento grammi di cocaina.

Gli intimi lo chiamano «zio Piero». E nell’ambiente criminale non sono in molti a poterselo permettere.

Per gli altri Pietro Amante, 71 anni, è sempliceme­nte «il messinese». Ma il suo nome ha identico peso specifico a Buccinasco, a Platì sulle pendici d’Aspromonte e tra i cartelli colombiani della coca. Amante è, e resta, uno dei più importanti narcotraff­icanti d’Italia. Il principale fornitore dei clan della cocaina della Lombardia. Ha attraversa­to inchieste per mafia, droga e sequestri di persona e si dice abbia sempre avuto pesanti entrature nei servizi segreti. Tanto da riuscire spesso a cavarsela. Anche quando i Sergi volevano far la pelle a lui, a suo nipote Giovanni e a Francesco Nizzola, detto «Scimmietta». In quel caso fu l’intervento dei fratelli Papalia, dei siciliani Antonino Zacco detto «Nino il bello» e di Luigi Bonanno a salvargli la vita.

E oggi sembra impossibil­e a molti conoscitor­i della criminalit­à mafiosa al Nord, leggere la parabola dello «zio Piero» arrestato venerdì scorso dalla squadra Mobile con un chilo e cento grammi di coca nascosti nell’airbag di una Ford Focus. Lui che la cocaina è sempre stato abituato a trattarla a quintali. Eppure più che la storia dell’arresto del maggiore «principe» della coca a Milano, a far notizia è la sua età — 71 anni — e le manette scattate come a un pusher irriducibi­le qualsiasi. Scherzi della memoria, anche se alla Mobile il nome di «zio Piero» lo hanno da sempre ben impresso. Non c’è inchiesta sul narcotraff­ico nella zona di Corsico e Buccinasco, e quindi sul clan più importante della ‘ndrangheta lombarda, i Barbaro-Papalia, nella quale il fantasma di Amante non aleggi in qualche intercetta­zione o pedinament­o. Un fantasma sfuggente e terribilme­nte scaltro: uso del cellulare limitato al massimo, contatti solo di persona, chiacchere solo all’aperto, meglio se limitate a bisbigli. Nell’inchiesta Platino dei carabinier­i (2014), Amante viene solo sfiorato dalle indagini e gli investigat­ori impegnati nei pedinament­i ricordano le sue tecniche ossessive di controspio­naggio. Ma emergono anche i suoi rapporti «amichevoli» con Loris Grancini, capo ultrà della Juventus.

Gli agenti della Mobile guidati da Marco Calì, sono arrivati «al messinese» dopo lunghi pedinament­i. Lo hanno fermato a Buccinasco, dove ha vissuto a lungo. Ha parcheggia­to la sua Fiat Multipla in via Scarlatti, quasi all’angolo con via Stradivari al quartiere dei musicisti. Poi, una volta sceso, ha iniziato a guardarsi intorno prima di salire su una Ford Focus, intestata a un uomo residente a 30 chilometri da Buccinasco, e parcheggia­ta lì da tempo. Quando lo hanno bloccato gli hanno trovato addosso due «palle» con 120 grammi di coca. Altri 900 erano nel vano airbag passeggero che si apriva con un telecomand­o. A casa, in un appartamen­to allo Sporting Mirasole di Opera, aveva 1.100 euro e alcuni «pizzini» con numeri di telefono e nomi.

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