«Ho imparato a essere leggero»
«In concerto cerco persino di fare ridere»
La scorsa primavera Manuel Agnelli s’imbarcava nel suo primo tour da protagonista senza gli Afterhours. Sul palco il rocker milanese accompagnato dal violinista Rodrigo d’Erasmo; in scaletta classici della band quali «Male di miele» e «Quello che non c’è» e cover di canzoni di grandi come Lou Reed ed Elvis Costello. Ora è tempo di bilanci: dopo il successo della prima tranche «An Evening with Manuel Agnelli» — questo il titolo dello spettacolo diventato un album live — è tornato nei teatri a inizio novembre e stasera andrà in scena agli Arcimboldi per un’ultima data. «Quest’esperienza mi ha fatto scoprire un nuovo me», dice Agnelli, 53enne, ex giudice di «X Factor», che ha aperto un circolo in città, Germi, e che nel 2020 potrebbe tornare in tv con il programma «Ossigeno». In attesa delDel album solista.
In che senso ha scoperto un nuovo sé?
«Sono finalmente riuscito a tirar fuori il lato più comunicativo ed empatico del mio carattere, finora espresso solo nel privato. Ho sempre trattato la musica con serietà anche sotto il profilo etico e in un’Italia dove si tende a buttare tutto in caciara questo mio atteggiamento è stato scambiato per mancanza di leggerezza. In realtà so esserlo, leggero, e con questi concerti l’ho dimostrato. Anche inserendo intermezzi in cui cerco di far ridere, oltre che piangere: è una missione!».
Tra un omaggio a Springsteen e uno ai Joy Division ha inserito in scaletta «Video Games» di Lana Del Rey. In tanti si sono stupiti…
«Ho superato dei preconcetti, so di averne. È stata mia figlia a farmi scoprire Lana Rey, facendomi notare che la criticavo senza averla sentita: aveva ragione. Non ho nulla contro il pop, anzi, lo ritengo una forma musicale intelligente quando non è prodotta in serie».
Degli Afterhours cosa la emoziona cantare dal vivo?
«I brani dedicati a mio padre, perché li ho scritti per liberarmi di un dolore che altrimenti mi sarebbe rimasto dentro come un peso. La sua morte mi ha aiutato a chiarirmi le idee su ciò che conta e ciò che non conta. Ho capito di voler me stesso fino in fondo e sentirmi libero di provare a fare cose inaspettate, anche rischiando di fallire».
Ha arricchito il tour di citazioni di scrittori e poeti quali Ennio Flaiano, Montale, Trilussa: come mai?
«Per commentare l’attualità senza ricorrere a slogan né a discorsi da bar. Un’attualità in cui mi spaventa la cultura del consenso che ha contagiato tutti: ci siamo abituati a ritenere riuscita una cosa perché fa numeri e soldi — porta un consenso, appunto —, inl’annunciato dipendentemente dal fatto che sia bella o brutta, giusta o sbagliata. Nella musica la trap ha spezzato questo meccanismo: gli esponenti di quel genere cercano sì il successo, ma non vogliono adattarsi per piacere, e più sono deprecabili più tifo per loro. Ora spero che qualcosa del genere accada nella società civile: troppa gente vive conformandosi, mentre bisognerebbe sempre cercare di trovare una propria identità e difenderla».