«Maestri, ruolo cruciale»
«Degli scolari stranieri iscritti nelle scuole primarie di Milano, oggi solo un terzo arriva per ricongiungimento, i due terzi sono nati in Italia. Sono, ovvero, figli di famiglie straniere insediatesi stabilmente, con una condizione abitativa magari non sempre facile, ma permanente, e un inserimento nel mercato del lavoro abbastanza stabile, seppur soggetto a precarietà e sottoretribuzione». Costanzo Ranci è docente di Sociologia economica al Politecnico, ateneo che da anni studia il fenomeno delle scuole multietniche nel suo Laboratorio di politica sociale.
Cosa comporta l’aumento di questi allievi?
«È una sfida: non si tratta più di offrire un’educazione, che sia anche una prima accoglienza, bensì opportunità di inserimento sociale, per evitare fenomeni di ghettizzazione, di scarso radicamento nella società e anche di ribellione, come accaduto in Francia e Gran Bretagna. Va anche prevenuto il rancore degli italiani, attraverso buone logiche di distribuzione dei ragazzi».
Nelle classi con tanti alunni stranieri il rendimento è penalizzato?
«No, gli studi dicono che i risultati non sono inferiori a quelli dove la presenza di italiani è dominante. Un ambiente misto non nuoce, la globalizzazione inizia a scuola. Il problema è dove si creano scuole-ghetto». Come evitarle?
«Prima di tutto riducendo le ansie dei genitori. Alla base della “fuga” delle famiglie italiane non c’è tanto il razzismo, quanto la ricerca della scuola migliore per i ragazzi. E, come scelta individuale, non è attaccabile. Ma così si genera un fenomeno non desiderabile su cui le istituzioni possono intervenire». Come?
«Trasformandole in “scuole magnete”, dalla forte attrattiva, con progetti innovativi. Si dovrebbe incentivare la collaborazione fra scuole pubbliche vicine: gli istituti d’eccellenza potrebbero condividere le loro competenze e le istituzioni potrebbero premiarli con risorse in più».
Quali altri errori non bisogna fare? «Considerare questa popolazione sotto l’unica etichetta di “straniero”. A Milano ci sono almeno 10 nazionalità fortemente rappresentate, con modi diversi di intendere il rapporto con la società e con la scuola. Ci sono gruppi nazionali in cui i genitori collaborano, partecipano e sono convinti di investire nell’istruzione. Altri meno e il ruolo degli insegnanti è cruciale nel motivare».