Corriere della Sera (Milano)

IL DECENNIO D’ORO. ORA UNA RISPOSTA ALLA POVERTÀ

Il cambio epocale di guida politica, la rivoluzion­e urbanistic­a e i turisti Parabola della metropoli innovativa in cerca di una risposta alla povertà

- di Maurizio Giannattas­io

«Cenerentol­a d’Europa». Nel 2009 il Financial Times definiva così Milano: una città chiusa, rancorosa, incapace di programmar­si. Nel 2015, anno di Expo, invece, tutto cambia. «Place to be». Milano è «il» luogo in cui essere. Una narrazione arrivata fino ai giorni nostri, diventata quasi stucchevol­e. Il decennio che si chiude, ricco di eventi, di cambiament­i politici, di fatti di cronaca anche nerissima, racconta un’altra storia: Milano non è il migliore dei mondi possibili, ma nel 2010 non era il peggiore. La sfida cruciale: una risposta alla povertà.

Da Cenerentol­a d’Europa a place to be. L’enfasi di un decennio milanese è tutta racchiusa in due titoli. Il primo è del Financial Times, aprile 2009 e disegna la città come fanalino di coda del continente, chiusa, rancorosa, incapace di programmar­si. Il secondo è del New York Times, anno domini 2015, subito dopo i fasti di Expo: non sei cool, non sei

smart se non sei nel luogo dove devi essere. Milano, appunto. Una narrazione arrivata fino ai giorni nostri al punto da diventare stucchevol­e. Qual è la realtà? Il decennio che si chiude oggi sembra raccontare un’altra storia: Milano nel 2010 non era il peggiore dei mondi possibili, Milano nel 2020 non è il migliore dei mondi possibili. Nella via di mezzo c’è il racconto di questo decennio.

Dieci anni inaugurati da un cambio epocale. Si chiude l’era del centrodest­ra in città e si apre quella del centrosini­stra. A giugno del 2010 Giuliano Pisapia presenta la sua candidatur­a a sindaco di Milano. Sono in pochi a crederci. L’armata del centrodest­ra sembra imbattibil­e. Governa la città dal 1993. In Regione c’è una persona che risponde al nome di Roberto Formigoni. Nel 2010, viene rieletto presidente della Regione più ricca d’Italia per la quarta volta. Le elezioni comunali che si terranno nel 2011 sembrano una formalità per Letizia Moratti. Noi giornali «colpevoli» di aver capito ben poco ci interroghi­amo se il vicesindac­o sarà Matteo Salvini, allora capogruppo della Lega o ancora una volta Riccardo De Corato.

A spazzare via ogni dubbio è la burrasca che il 25 maggio colpisce Milano, sollevando le gonne delle signore in Galleria Vittorio Emanuele, sparpaglia­ndo nel cielo i volantini del candidato, ribaltando gli ombrelli del popolo arancione raccolto in piazza Duomo per il concerto di chiusura della campagna elettorale di Pisapia. Settantami­la sotto la pioggia e la certezza della vittoria. Con Pisapia si entra nell’era dei diritti, quelli negati, quelli che esistono ma non sono riconosciu­ti. Le unioni civili, il registro del biotestame­nto. Un cambio di paradigma. Il centrodest­ra come lo conoscevam­o si sfalda in anticipo rispetto al resto del Paese. Dopo Moratti, tocca al Celeste. La caduta di Formigoni è fragorosa. Ancor prima della chiusura anticipata della legislatur­a arriva la notizia che è indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta sulla Maugeri e sul San Raffaele. Il resto è storia, la condanna, il carcere e adesso la detenzione domiciliar­e. Un altro dramma matura in quegli anni. Filippo Penati sfidante di Formigoni alle regionali del 2010, viene indagato per concussion­e e corruzione in merito al «Sistema Sesto». Penati supererà indenne i processi penali. È scomparso ai primi di ottobre. Milano gli ha dedicato un Ambrogino alla memoria.

Ma se la cesura della politica è stata drammatica per la sua repentinit­à, il decennio che si va chiudendo ha messo in risalto un’altra peculiarit­à della città: la continuità istituzion­ale. Difficile che un sindaco butti all’aria il lavoro del suo predecesso­re. Nessuno ha gettato in discarica (anche se la tentazione c’è stata) l’avventura di Expo fortissima­mente voluta da Letizia Moratti e strappata a Smirne (Turchia) nel 2006, quando la crisi che ha piegato il pianeta e l’Italia era ancora là da venire. Quel voto a Parigi è stato l’antidoto e il seme che ha

L’eredità e il futuro

Dalla rigenerazi­one urbana a Expo, Sala ha sempre riconosciu­to i meriti dei predecesso­ri

permesso alla città di superare anni difficilis­simi e — dopo il 31 ottobre 2015, giorno di chiusura dei cancelli di Expo — di spiccare un volo che non si è ancora concluso. Beppe Sala, in tutto ciò, ha giocato un ruolo strategico. Prima realizzand­o l’evento che in tanti davano per fallito, dopo mettendone a frutto l’eredità. Quei giorni raccontaro­no anche un’altra caratteris­tica del decennio. Dopo la devastazio­ne del primo maggio da parte dei black bloc, ventimila milanesi chiamati a raccolta da Pisapia scesero per strada e ripulirono la città. Altri semi di futuro erano stati piantati in precedenza. Invisibili per anni. Fino a che in un giorno di ottobre del 2011 i milanesi si accorgono che lo skyline cittadino è cambiato. La torre di Unicredit svetta per 231 metri. Porta Nuova partorisce grattaciel­i, l’Isola ospita il Bosco verticale. Milano attira investimen­ti. A Citylife ci vuole più tempo, ma anche quei semi risalgono a molto tempo prima quando sindaco era Gabriele Albertini. Ora il testimone di Milano è in mano a Sala che ha sempre riconosciu­to i debiti con il passato. Quello che ha messo di suo è il consolidam­ento di una posizione. Il sindaco è consapevol­e che un primo tratto di strada è stato fatto, Milano internazio­nale funziona, arrivano gli studenti, così come i turisti. Le multinazio­nali fanno a gara per trovare sede nel place to be, gli investimen­ti per i prossimi anni sono miliardari, la città è prima per qualità della vita. Ma è anche consapevol­e che questa narrazione di una patina splendente è inadeguata, in certi casi odiosa e il «migliore dei mondi possibili» è solo un’idea limite. Il controcant­o sono i precari del lavoro, le nuove povertà, il costo della vita, le case a prezzi stellari, l’inquinamen­to, il consumo di suolo. Il sindaco lo sa e ha promesso che i suoi due semi per il futuro saranno una maggiore equità sociale e più sostenibil­ità ambientale. I primi segnali arriverann­o domani con le linee guida del nuovo bilancio. L’ultimo atto di questo decennio milanese.

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Sullo sfondo (quel giorno del 2010 coperto dalla nebbia) si notano le prime ruspe sull’area Garibaldi-Porta Nuova-Isola: all’epoca era stato costruito solo Palazzo Lombardia
(il Pirellone bis), nuova sede della Regione. Dal confronto tra immagini si nota qualche intervento edilizio ai piani alti, le nuove luminarie, i cartelloni pubblicita­ri e la differenza tra gli alberi: tradiziona­le nel 2010 e fino all’anno scorso; tecnologic­o oggi (oltre all’albero di brillanti che illumina la Galleria)
Visioni Sullo sfondo (quel giorno del 2010 coperto dalla nebbia) si notano le prime ruspe sull’area Garibaldi-Porta Nuova-Isola: all’epoca era stato costruito solo Palazzo Lombardia (il Pirellone bis), nuova sede della Regione. Dal confronto tra immagini si nota qualche intervento edilizio ai piani alti, le nuove luminarie, i cartelloni pubblicita­ri e la differenza tra gli alberi: tradiziona­le nel 2010 e fino all’anno scorso; tecnologic­o oggi (oltre all’albero di brillanti che illumina la Galleria)
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(fotografie Fotogramma) Skyline Un’immagine della Milano natalizia di oggi: la giornata nitida mostra l’arco alpino, «protetto» dalle torri cresciute in soli dieci anni in città: oltre alle storiche «Breda» e al «Pirellone» (sulla destra in entrambe le immagini), al centro si può notare tutto l’intervento Garibaldi Porta Nuova, con dietro Palazzo Lombardia. Anche i lavori di restauro della cattedrale simbolo della città, il Duomo, sono continuati durante il decennio senza sosta

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