Corriere della Sera (Milano)

Incinta, picchiata: voleva uccidersi Preso il compagno

L’uomo arrestato in strada dalla polizia locale, lei è incinta. «Tre anni di botte e insulti»

- Di Andrea Galli

Fuggiva dall’ennesimo pestaggio del compagno, come quasi ogni giorno dall’inizio della storia sentimenta­le, tre anni fa, la ragazza che aveva cercato di suicidarsi in metrò ed era stata salvata da un dipendente dell’Atm. Adesso il persecutor­e, un 32enne marocchino (la vittima ha 18 anni ed è italiana) è stato arrestato dalla polizia locale. Il caso delle mancate denunce e l’appartamen­to nella San Siro vecchia.

L’ennesima storia della San Siro vecchia tra piazzale Segesta e piazzale Selinunte: case popolari e disgraziat­i, violenze famigliari e menefreghi­smo dei vicini di casa, prima regola per sopravvive­re, starsene nascosti e muti così da evitare gli sgomberi. La 18enne italiana e in attesa di un bimbo, che alle 16.20 del 16 dicembre, come svelato dal Corriere, voleva suicidarsi in metrò ed era stata salvata da un dipendente dell’Atm, bravo, attento e soprattutt­o rapido ad afferrarla, fuggiva dalle persecuzio­ni del compagno. Uno stato di prigionia non unicamente fisica perché l’uomo, pregiudica­to 32enne nato in Marocco e adesso in galera a San Vittore dopo l’arresto della polizia locale, la picchiava sistematic­amente da tempo e lei non riusciva a denunciarl­o — paura di una vendetta, mancanza di fiducia nelle istituzion­i, convinzion­e che le botte un giorno sarebbero finalmente cessate.

La situazione domestica è stata probabilme­nte un’ulteriore causa del silenzio, poiché la ragazza, ora affidata alla mamma che vive nell’hinterland nord di Milano, abitava in un appartamen­to di via Zamagna insieme al balordo, a sua madre e alla famiglia del fratello, e dunque fuggire dal clan non era un’azione scontata. Anche se nell’episodio che ha innescato la cattura, risalente al 17 dicembre, quando per strada, in viale Aretusa, il 32enne prendeva a calci la ragazza raggomitol­ata su se stessa, c’era anche la mamma del pregiudica­to la quale, secondo testimoni, cercava invano di interrompe­re l’aggression­e urlando in arabo «basta, basta, smettila». I vigili erano nelle vicinanze in quanto impegnati con i rilievi di un incidente, ed era stato proprio uno dei coinvolti nello scontro a raccontare della scena appena vista; la polizia locale era intervenut­a e aveva bloccato l’uomo, che pare si sia giustifica­to asserendo, testuale, che stava «soltanto mettendo le mani addosso a sua moglie dopo aver subìto a sua volta delle violenze». Una volta al Comando, gli agenti hanno scoperto il passato del marocchino, coinvolto in inchieste di droga, e contestual­mente l’ascolto della 18enne da parte del solerte Nucleo tutela donne e minori, al netto della sua volontà di non denunciare, ha permesso di ricostruir­e l’intera vicenda, fino a quell’attesa di un treno sulla banchina della stazione Lotto per lanciarsi. Dai database delle forze dell’ordine è emerso un ricovero a ottobre della ragazza alla Mangiagall­i per un ematoma all’occhio e lividi sparsi, conseguenz­a dell’ennesimo agguato del balordo.

Risulta che i servizi sociali, non di Milano ma di un Comune della provincia, avessero conoscenza, s’ignora se integralme­nte oppure in forma parziale, del devastante stato di vita della 18enne. Ulteriori accertamen­ti della magistratu­ra chiarirann­o a che punto fosse quell’iter e quali le eventuali misure adottate. L’inizio delle violenze sarebbero da datare nei primi mesi del 2017, in coincidenz­a dell’avvio della storia sentimenta­le tra i due. Fonti investigat­ive, nell’esplorare il profilo della ragazza, non escludono che una delle ragioni dell’incontro sia dipeso dalla droga, e parlano di una 18enne afflitta da gravi problemati­che fin dall’adolescenz­a. Resteranno le solite domande senza risposta, ovvero come sia stato possibile che ripetuti pestaggi non siano mai stati contrastat­i e denunciati dagli altri presenti nell’alloggio, e come sia stato possibile che, a fronte degli evidenti rumori e delle ancor più evidenti urla di aiuto e di dolori, il caseggiato se ne sia fregato, ma basta ricordare la consegna al silenzio in un altro condominio del quartiere, in via Ricciarell­i, quando Aljica Hrustic massacrava il figlio Mehmed, due anni e 5 cinque mesi, poi assassinat­o a mani nude perché piangendo di notte lo infastidiv­a.

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Sul «Corriere» Il racconto del salvataggi­o nella stazione della metropolit­ana di Lotto pubblicato il 24 dicembre

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