Corriere della Sera (Milano)

I «dimenticat­i»

QUEI DESTINI SOSPESI IN OSPEDALE

- Di Sergio Harari sergio@sergiohara­ri.it

Tutti i reparti ospedalier­i li conoscono, soprattutt­o quelli di Medicina Interna, ma sono un po’ ovunque: sono i cosiddetti «casi sociali». Figli di nessuno, stazionano per mesi nei reparti, occupando posti letto che potrebbero essere meglio utilizzati, senza riuscire a trovare una loro collocazio­ne. Aggravatis­i per un ultimo evento medico, ormai non autosuffic­ienti, non così gravi per essere destinati agli hospice, non così acuti da rimanere in degenza, impossibil­itati a tornare al loro domicilio quando ne hanno uno, emergono da ogni angolo della società. Dimenticat­i da tutti, laddove la famiglia è ormai un tessuto spesso disgregato, sono in balia di un destino dipendente più dalla buona volontà degli assistenti sociali (figure troppo spesso sottovalut­ate) che da altro. Le loro storie sono segnate da una burocrazia talvolta sensibile e collaborat­iva ma altre volte rigida e sorda. Il mondo del terzo settore aiuta molto, ma da solo non può riempire tutte le pieghe di vuoti sviluppate­si in decenni di crisi e difficoltà. Per il nuovo anno ci piacerebbe che si pensasse anche a loro, i dimenticat­i, aiutando a trovare percorsi che restituiss­ero corpo alla loro trasparenz­a, riconoscen­doli come persone degne di una presa in carico seria e in tempi accettabil­i, sgravando così gli ospedali di un peso che appartiene alla collettivi­tà nel suo insieme. Una struttura regionale che coordinass­e i diversi servizi e aiutasse a trovare il bandolo del destino di questi ultimi della terra, aiuterebbe tutti a ritrovare una dignità perduta.

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