I «dimenticati»
QUEI DESTINI SOSPESI IN OSPEDALE
Tutti i reparti ospedalieri li conoscono, soprattutto quelli di Medicina Interna, ma sono un po’ ovunque: sono i cosiddetti «casi sociali». Figli di nessuno, stazionano per mesi nei reparti, occupando posti letto che potrebbero essere meglio utilizzati, senza riuscire a trovare una loro collocazione. Aggravatisi per un ultimo evento medico, ormai non autosufficienti, non così gravi per essere destinati agli hospice, non così acuti da rimanere in degenza, impossibilitati a tornare al loro domicilio quando ne hanno uno, emergono da ogni angolo della società. Dimenticati da tutti, laddove la famiglia è ormai un tessuto spesso disgregato, sono in balia di un destino dipendente più dalla buona volontà degli assistenti sociali (figure troppo spesso sottovalutate) che da altro. Le loro storie sono segnate da una burocrazia talvolta sensibile e collaborativa ma altre volte rigida e sorda. Il mondo del terzo settore aiuta molto, ma da solo non può riempire tutte le pieghe di vuoti sviluppatesi in decenni di crisi e difficoltà. Per il nuovo anno ci piacerebbe che si pensasse anche a loro, i dimenticati, aiutando a trovare percorsi che restituissero corpo alla loro trasparenza, riconoscendoli come persone degne di una presa in carico seria e in tempi accettabili, sgravando così gli ospedali di un peso che appartiene alla collettività nel suo insieme. Una struttura regionale che coordinasse i diversi servizi e aiutasse a trovare il bandolo del destino di questi ultimi della terra, aiuterebbe tutti a ritrovare una dignità perduta.