La foto di Giovanni, l’amore di Gisemma
L’immagine trovata in un’aiuola e restituita alla vedova. «Un regalo inestimabile»
Una vecchia foto lasciata in un’aiuola di Segrate. La scorge l’assessore al Verde Damiano Dalerba, che per «deviazione professionale» è attento alle aree verdi cittadine. La raccoglie: è in bianco e nero, datata, ritrae un uomo in divisa militare. Dietro, le parole del poeta americano Walt Whitman: «Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato». Dalerba la diffonde sui social e in breve Chiara, la figlia di Giovanni Rivola, l’uomo ritratto, si fa viva: la foto era nel borsellino rubato alla mamma, per la quale ha il valore inestimabile di tanti ricordi. «Non si può immaginare il regalo che mi è stato fatto», dice la signora Gisemma Rivola. Un amore ritrovato.
Damiano ha il vizio di dare un’occhiata a tutte le aiuole. A Segrate, dove abita, fa l’assessore al Verde e ormai per lui è un’abitudine. Così, lo ha fatto anche sabato scorso, mentre accompagnava suo padre all’ospedale San Raffaele. E, quando ha notato, nell’erba, una vecchia fotografia in bianco e nero, ha pensato subito di raccoglierla e di diffonderla sui social network, per ritrovare i proprietari. Sono bastate poche ore. D’altronde, non era una foto qualsiasi. Era il ritratto di un giovane militare, avvolto accuratamente in una bustina di plastica. E dietro, le parole d’amore del poeta americano Walt Whitman: «Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato». «Si capiva che era un ricordo molto caro per qualcuno» racconta Damiano Dalerba. Pubblicato alle 16, il post ha avuto un migliaio di condivisioni, tra cui quella di
Roberto Burioni. E così è arrivato anche a Chiara, una dei figli di Giovanni Rivola, l’uomo ritratto nella fotografia.
Giovanni, ricercatore ed erborista, è scomparso quattro anni fa a 70 anni e lo scatto era custodito nel portafoglio di sua moglie, Gisemma Grazioli. il portafoglio le era stato rubato qualche giorno prima di Natale, in un negozio in corso Buenos Aires. «Stavo comprando un paio di guanti. Ho aperto lo zaino e ho visto che mancava il portafoglio e mi sono disperata per la foto, mi importava solo di quella: era la mia preferita — racconta Gisemma —. Ho fatto tutto il corso avanti e indietro, ho controllato tutti i cestini. Pensavo di non rivederla mai più. Il signor Damiano non può nemmeno immaginare che regalo mi ha fatto».
Giovanni donò quella foto a Graziella quando aveva vent’anni ed era partito per il servizio militare a Roma. «Ci eravamo appena fidanzati e ci scrivevamo una lettera al giorno: le ho ancora tutte» dice. I due si erano conosciuti nel 1956, a una gita sulla neve delle Acli, a Gressoney-La-Trinité. «Avevamo passato tutto il giorno insieme, poi, per salutarmi mi aveva detto “Ciao, stammi bene”. E quelle parole mi avevano tolto ogni illusione di rivederlo. Così, feci io il primo passo: lui, romagnolo d’origine, viveva a Locate Triulzi e frequentava il santuario di Santa Maria alla Fontana. Allora ci andai e scoprii che lui, invece, per rivedermi, aveva fatto stampare le foto della gita». Da allora non si sono più lasciati. Si sono sposati nel 1968 e hanno avuto tre figli: Bruno, Chiara e Lovely, adottata dall’India.
«Mio marito era una persona meravigliosa. Con lui ho vissuto tante vite». Giovanni, infatti, ricercatore alla Carlo Erba, una volta in pensione decise di iscriversi all’Università Statale per laurearsi in erboristeria. E poi, nel 2002, partecipò a un bando per le periferie indetto dal Comune e riuscì ad aggiudicarsi un negozio a Ponte Lambro. Un’insegna inserita in un edificio Aler, in un contesto difficile. «Ma Giovanni sapeva farsi voler bene. Gli anziani si fermavano a parlare, poi erano di casa anche i giovani ospiti di una comunità di recupero, le mamme del quartiere, le famiglie immigrate. Abbiamo chiuso 12 anni dopo a malincuore, ma era tempo di fare solo i nonni». Di Paolo, «che è la fotocopia del nonno», Emma e Megha. La frase di Walt Whitman è stata una sua idea. Mi ha offerto un cioccolatino e dentro c’erano quelle parole. Il posto giusto era dietro alla foto di mio marito».