Il rito giapponese con il riso di Pavia Ecco il primo sake fatto in Lombardia
La startup: produrremo mille bottiglie al mese
PAVIA Nella Bassa, in un territorio in cui gli specchi d’acqua delle risaie si alternano ai campi a secco che danno origine a pregiati chicchi, nasce il primo sake lombardo. Fedele alla tradizione giapponese, ma made in Pavia, perché ottenuto dal Carnaroli. L’ idea è venuta a Misal Memeo, 33enne di Vistarino, ex ricercatore in chimica organica, e a Nicola Coppe, birraio. Dal loro incontro è nata la startup Riso Saké, premiata con 10 mila euro all’Open Summit Startupitalia dell’università Bocconi come prima classificata dei cinque progetti finalisti dell’edizione 2019. «Le cinque premiate di quest’anno — dice Tommaso Mazzocchi, presidente del Polo Tecnologico di Pavia — hanno idee imprenditoriali che possono fare presa sul mercato e mi auguro che abbiano il successo delle aziende vincitrici dello scorso anno, oggi in fase di forte crescita». Su 100 idee presentate ha vinto la riuscita contaminazione della tradizione risicola pavese e quella giapponese del nihonshu, in Italia noto come sake, la tradizionale bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del riso.
«La società Riso Sake verrà registrata all’inizio del 2020, avrà come sede principale Pavia, e un’ unità operativa nella provincia di Belluno — spiega Misal Memeo —. Il riso che selezioneremo arriverà sempre e comunque dal Pavese, proveniente da micro-produttori, quindi assolutamente chilometro zero». Per il sake pavese, Misal e Nicola hanno seguito la linea della tradizione giapponese, inserendo però importanti innovazioni che hanno consentito di «addomesticare» il riso Carnaroli, molto diverso nella struttura e nel sapore da quello orientale. «In passato ci sono stati altri tentativi di preparazione di sake di Carnaroli, ma per quanto è noto sono tutti falliti». Mille bottiglie al mese, la capacità produttiva stimata in avvio della realtà pavese, e due varianti appena lanciate:
Mövat e Vero, entrambi fatti al 100% con riso Carnaroli, koji (il fungo fermento della cucina giapponese, ndr) e lieviti. «Mövat è un sake frizzante rifermentato in bottiglia, nato dalla fusione della tradizione giapponese dell’uso del koji, da quella italiana dello spumante metodo classico e dall’utilizzo dei lieviti lager — raccontano i due produttori —. Vero è invece il sake tradizionale, dove fa capolino la pavesità con le note dell’iconico riso che emergono nel retrogusto. Siamo già pronti per sperimentare con altre variazioni sul sake, per esempio luppolato».
La produzione sarà sostenibile, consentendo di dare una seconda vita anche agli scarti. «All’interno del nostro processo produttivo utilizziamo anche le rotture di riso, che tipicamente vengono usate per prodotti di scarso valore commerciale come mangime e gallette. Noi invece le valorizziamo per la preparazione di prodotti dall’elevato valore economico». Le proprietà del riso fanno bene alla pelle: con il riso fermentato, il sake Kasu da cui è stato ottenuto il sake, i due startupper hanno realizzato saponette scrub 100% naturali, e stanno studiando la formulazione di maschere cosmetiche.