Frutta e verdura scartate, filiera d’oro
La start up salva i prodotti snobbati. Cascina Campazzo modello di resistenza green
Milano e la riscoperta del suo pollice verde. Due storie che nascono e crescono grazie alla terra: da una parte la scommessa di Camilla e Luca, 31 anni, che hanno lasciato il posto fisso per lanciare una start up che recupera frutta e verdura scartata dalla grande distribuzione perché danneggiata nella fase di raccolto e la rivendono in una filiera parallela. Dall’altra, i 40 anni di resistenza green di Cascina Campazzo, che hanno difeso l’oasi del parco del Ticinello, in zona Chiesa Rossa, dalla fame di edilizia, integrando l’area agricola con la vita della metropoli. Due storie che fanno parte della campagna «Segnali d’Italia», per esaltare le eccellenze milanesi.
Luca lavorava in una multinazionale a Ginevra. Camilla, in pubblicità per una casa editrice. Così, giusto per spiegare le distanze siderali da orti e frutteti. Hanno 31 anni e sono una coppia anche nella vita fuori dai campi. Il grande gesto l’hanno fatto insieme. Licenziarsi da un posto fisso (ben retribuito) per andare a salvare frutta e verdura scartate dalla grande distribuzione per via dell’aspetto estetico. «Senza figli, ci siamo detti, ora o mai più. In due persone a bordo di un Ape Car abbiamo salvato 45 tonnellate di frutta e verdura», raccontano Camilla Archi e Luca Bolognesi. Una convivenza iniziata sui banchi di scuola e continuata con una sfida imprenditoriale diversa. Il tema dell’attenzione agli sprechi è sempre più sentito. La crisi porta a farsi qualche domanda in più. In tanti hanno pensato al tema degli avanzi, agli alimenti vicini a scadenza.
Loro hanno deciso di valorizzare frutta e verdura scartata fin da subito. La prima parte della filiera. E in questo sono stati pionieri. «I produttori vengono sempre ignorati da certi grandi dibattiti sul mondo alimentare. Ma sono quelli che rischiano di più. Per questo ci battiamo non per il fine vita, ma per tutto quello che riguarda il raccolto: uno spreco di cui la gente non parla. I milanesi in questo senso sono lontani dalle logiche del mondo agricolo», spiega Camilla. Il tema li affascinava ma per poterlo affrontare da dentro serviva un taglio netto col passato. Nel luglio del 2017 intanto si sono licenziati. Poi mesi di ricerca, andando a vivere in campagna da infiltrati nella filiera. «Abbiamo fatto gli operai della raccolta, siamo stati nelle cooperative, tra i buyer della grande distribuzione», ricorda Camilla. «Bella dentro» (il nome è più che un programma) nasce nel gennaio 2018, con un periodo di rodaggio. Le vendite sono iniziate ad aprile scorso. Inizialmente con format sperimentale e garibaldino: «Compravamo frutta e ortaggi danneggiati e li rivendevamo in giro per Milano con un Ape ricoperta d’erba. Per creare una filiera parallela e per capire intanto se la gente era disposta a comprare una cosa brutta». Che ha subito gli scherzi del meteo in generale. Tra il 15 e il 20 per cento non rientra negli standard. Per colorazione, forme, misure. La grandine può alzare la soglia di rischio al 70. «Il vento che li fa sbattere o la siccità che li fa crescere poco. Non prendiamo nulla da terra».
La merce arriva da tutta Italia. Lo stoccaggio in un magazzino a Segrate. «Pagando noi la logistica. Ogni settimana pubblichiamo quello che abbiamo». Oltre alla gente comune, anche alcuni ristoranti hanno iniziato a rifornirsi da loro. Il prezzo è intorno al 20 per cento meno di quello della grande distribuzione. In questi mesi il progetto è cresciuto. Un mese fa è stato inaugurato un laboratorio di trasformazione, per stoccarle in grosse quantità col fresco. «Nel Lodigiano ci siamo appoggiati a una cooperativa sociale che coinvolge ragazzi autistici. Abbiamo comprato i macchinari per fare anche gli essiccati di sia frutta e verdura. Abbiamo trovato un piccolo punto vendita a Milano che vogliamo aprire in primavera. L’Ape rimane per consegne e far conoscere i prodotti. Diventeremo grandi, si spera», conclude Camilla.
L’impegno Ci battiamo per i raccolti contro lo spreco di cui non si parla I milanesi sono lontani dalle logiche agricole
Gli esordi Compravamo cibo danneggiato e lo rivendevamo su un’Ape ricoperta d’erba per creare una filiera parallela