La lunga sfida di via Gola passa anche dai murales
Dax, sgomberi, antagonisti I murales-icona sul Naviglio, dalle sfide alla polizia al «Quarto Stato» rivisitato
Tra i simboli del «fortino» di via Gola c’è il ponte sul Naviglio Pavese. Un luogo di murales, dipinti e cancellati, in memoria di Dax, contro la polizia e gli sgomberi.
Una rappresentazione in movimento. Passano gli anni, cambiano i colori e le figure. Ma resta la storia sociale e politica di un pezzo della città che si può leggere mettendo in sequenza ravvicinata i graffiti: quello di oggi e quelli che non ci sono più, ma che hanno occupato lo stesso posto, il muro del ponte che da via Gola scavalca il Naviglio Pavese verso via Lagrange. Oggi è un «Quarto Stato 2018» dove i personaggi sono pennuti in stile Disney. Ieri era il murale commemorativo per «Dax» Davide Cesare, esponente del centro sociale «Orso» ucciso da estremisti di destra il 16 marzo 2013, proprio al Ticinese. «Dax odia», «Dax vive» e «Dax odia ancora» sono le scritte che negli anni ricompaiono di continuo nella zona. Ed è lo stesso cartiglio che compariva in testa all’immagine, sullo stesso ponte, dipinta per un anniversario della morte di «Dax», nel quale comparivano i volti di Michael Brown (18enne afroamericano ucciso dalla polizia il 9 agosto 2014 a Ferguson, stato americano del Missouri, fatto al quale seguirono violenti disordini sociali) e di Roberto Franceschi (giovane del Movimento studentesco ucciso il 30 gennaio 1973 durante uno scontro tra universitari e forze dell’ordine). Ritratti in vernice sul cemento del Ticinese che allacciano i fili delle lotte sociali storiche e contemporanee, italiane e internazionali. Fili che si intrecciano da decenni intorno alle sponde del Naviglio e che negli ultimi anni si sono concentrati in quel quadrante di case Aler tra via Pichi, via Borsi e via Gola, dove la presenza anarchica traccia un fronte continuo di antagonismo contro le forze dell’ordine (il motto «Difendiamoci dalla polizia» è sempre stato accompagnato dalla sequenza «1312», o dall’equivalente «Acab», l’acronimo dall’inglese «All cops are bastards»). Ed è anche, quel ponte, punto di riferimento per i gruppi di spacciatori che nella zona si sono avvicendati negli anni, quelli centro africani e quelli del Nord Africa. Emblema di quella convivenza tra antagonismo e micro criminalità che si trascina nel quartiere a ridosso della zona del divertimento.