Corriere della Sera (Milano)

Pranzo con contorno di foto del duce, bufera web

Critiche dei clienti a un ristorante di Lenno. Il titolare: «Sono solo ricordi». Altro caso a Sondrio

- Barbara Gerosa

Targa appesa alla parete, cornice in legno. «Ce l’ho proprio davanti agli occhi in questo momento. Se vuole le leggo cosa c’è scritto». Pausa di silenzio, poi la voce, in sottofondo il via vai dei clienti, si fa quasi impostata. «Non sciupate il pane. Ricchezza della patria, il più soave dono di Dio, il più santo premio della fatica umana. Firmato: Mussolini. E allora? Cosa c’è di male? Se lo avesse scritto qualcun altro nessuno avrebbe da ridire». Giuseppe Dell’Andrino è il gestore del rifugio Palù, 1.965 metri di quota, un angolo di paradiso affacciato sull’omonimo lago in Valmalenco, provincia di Sondrio. Alle pareti ci sono i ricordi del nonno Nino, guida alpina. Dopo cinque anni di guerra nel 1928 ha costruito la struttura in legno, all’inizio solo ristoro, da sempre gestita dalla sua famiglia, il figlio Giovanni e poi il nipote Giuseppe. Cimeli del Regio Esercito Italiano e quel quadretto che ha fatto storcere il naso a qualche cliente, tanto che in Rete tra i commenti sulla qualità di pizzoccher­i e taroz, spuntano le condanne agli arredi nostalgici che richiamano il ventennio fascista. «L’ho appesa io quella targa e non ho nessuna intenzione di toglierla — incalza Beppe (tutti lo chiamano così) —. Ma lei lo sa quanto pane vedo sprecare dai turisti ogni giorno proprio qui nel mio rifugio? Sono parole sante scritte cento anni fa che ancora valgono oggi. E se a qualcuno danno fastidio che vada da un’altra parte. Apologia del fascismo? Non so nemmeno di cosa mi accusano. Adesso mi lasci andare, che devo lavorare». Non c’è altro da aggiungere. I clienti passano, non tutti ci fanno caso, chi lo fa non torna più. Intanto il quadretto contestato resta lì.

Centocinqu­anta chilometri di distanza. Sempre sul lago. Questa volta è quello di Como. A Lenno, all’ingresso del ristorante-pizzeria Cris «pareti decorate da ricordi di Predappio e altra paccottigl­ia fascista», scrivono in un post diventato virale «I Sentinelli di Milano». In paese non si parla d’altro. I commenti in rete sono di dura condanna. Il titolare Ivan Bordoli alza le spalle e tira dritto. «Io sono di destra, non lo nego, ma non credo di aver fatto nulla di male. Se hanno problemi con il Duce è un problema loro non mio». Le foto sono esplicite. Mussolini a cavallo e in costume nel mare di Rimini. Poi c’è la flotta della Marina italiana nel golfo di Napoli e una sorta di foulard incornicia­to con riferiment­i a Predappio. Una volta i quadretti ispirati al ventennio fascista erano molti di più. «Me li portavano i clienti, era diventata una sorta di consuetudi­ne, ma molti li ho tolti perché qualcuno sembrava non gradirli. I quattro rimasti però me li ha donati un amico, un reduce di guerra scomparso da poco, una persona a cui ero molto legato. Quindi non si toccano. Non sono un fanatico e rispetto le idee di tutti. Accanto a Mussolini c’è una bottiglia di “Rosso Stalin”, con il faccione del dittatore sull’etichetta, che mi hanno regalato e che ho provveduto a esporre senza alcun problema». Sarà, ma intanto a rinfocolar­e le proteste in sul web anche la scoperta che proprio «Il Cris» lo scorso 28 aprile ha ospitato il «pranzo cameratesc­o» organizzat­o dopo le commemoraz­ioni, in particolar­e la messa a suffragio, per la morte di Benito Mussolini che ogni anno si svolgono a Giulino di Mezzegra, pochi chilometri da Lenno. «Un banchetto come un altro — ribatte Bordoli —. Abbiamo concordato il menu, mi hanno chiesto se potevano portare un paio di bandiere. Gli ho detto di sì, del resto anche quando ospito eventi sportivi ci sono i gonfaloni. Hanno mangiato e se ne sono andati portandosi via gli stendardi. È lavoro tanto quanto un pranzo per un matrimonio». Non tutti sembrano pensarla così. Su Tripadviso­r qualcuno commenta la sosta nel noto ristorante lariano: «Apologia del fascismo sulle pareti. È reato e toglie l’appetito».

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