Corriere della Sera (Milano)

Delitto in cascina, uccisa per 15 euro

Bulgaro in affido a uno dei figli della vittima, dopo i 18 anni aveva scelto di restare. L’omicidio, poi le bevute Confessa uno dei lavoratori. La furia contro la novantenne scatenata dal prestito negato

- di Andrea Galli

Gli errori commessi. La piena confession­e, pur all’interno di un racconto confuso, denso di pause. Sabato sera, la 90enne Carla Quattri è stata assassinat­a dal 21enne Damyan Borisov Dobrev, di nazionalit­à bulgara e per pochi mesi, prima dei 18 anni, preso in affido da uno dei figli della stessa anziana, morta dopo esser stata colpita alla testa con un barattolo di marmellata. Il ragazzo abitava e lavorava nel «podere Ronchetto». Quando si è visto negare 15 euro dalla 90enne, l’ha aggredita. Nel suo alloggio, trovata la fede nuziale sottratta alla vittima. In piena notte ha acceso la lavatrice per pulire i vestiti sporchi di sangue. Dopo il delitto, è uscito per comprare alcolici.

La rabbia. Si uccide per rabbia. Nel piccolo e tortuoso appartamen­to in via Pescara 37, Damyan Borisov Dobrev ha ucciso la 90enne Carla Quattri per rabbia. Innescata da un pretesto. Uno qualunque: sabato sera sono stati 15 euro negati.

Nel 2016, dopo l’infanzia e l’adolescenz­a in Bulgaria senza famiglia, Damyan era arrivato in Italia sempre in solitaria, ancora minorenne; aveva vissuto sulla strada prima a Roma poi a Milano, dove sembrava che il precipitar­e fosse terminato: l’avevano intercetta­to i servizi sociali del Comune, lui era entrato nel giro delle comunità e a breve distanza temporale dal compimento dei 18 anni, era stato preso in affido proprio da uno dei figli dell’anziana assassinat­a sabato sera e vista per l’ultima volta alla messa delle 18.30, nella vicina chiesa dei Santi Pietro e Paolo ai tre ronchetti.

Forse l’oggi 21enne Damyan l’aveva già fatto: ha notato la luce accesa, sapeva che la porta sarebbe stata chiusa soltanto prima d’andare a letto, s’è affacciato nella casa al piano terra della 90enne, donna lucida e attiva, molto devota, ancora impegnata nella gestione e nella contabilit­à del «podere Ronchetto», e ha inoltrato la richiesta. Un prestito oppure un dono. Comunque: 15 euro. L’anziana ha detto di no e forse l’ha anche sgridato. Damyan s’è guardato attorno, ha visto un barattolo di marmellata, l’ha afferrato e con quello, imprimendo nelle azioni tutta la forza che aveva in corpo, ha ripetutame­nte colpito la testa di Carla Quattri, che gli dava le spalle, seduta a tavola (stava cenando).

Ha coperto il volto della vittima con uno strofinacc­io. Per il rimorso. E per non guardarla in quelle condizioni. Appena maggiorenn­e, Damyan aveva chiesto in tribunale e ottenuto di continuare l’esistenza nella stessa famiglia. Era di casa. Nessuno, fra i quattro figli dell’anziana, non soltanto quello che insieme alla moglie aveva voluto l’affido, pur durato pochi mesi, ed era stato orgoglioso della scelta di Damyan di restare, dinanzi agli investigat­ori ha dubitato, oppure voluto dubitare, del ragazzo, che viveva nella cascina in un suo alloggio e che nella cascina lavorava. Era addetto agli animali e alla manutenzio­ne, e forse nel futuro avrebbe avuto un ruolo nell’agriturism­o, motivo della presenza di un cantiere e di muratori.

Proprio i muratori, come gli altri tre lavoratori oltre a Damyan e i proprietar­i dei camper parcheggia­ti a pagamento nell’ampio cortile del

Leggi e segui gli aggiorname­nti delle notizie di cronaca sul sito internet milano. corriere.it «podere Ronchetto», erano inizialmen­te entrati, da «prassi», nell’elenco dei sospettati. Presto erano stati depennati dalla lista sia i muratori, in quanto la squadra Mobile diretta da Marco Calì che ha risolto il caso in molto meno di 24 ore non ha trovato corrispond­enze, sia i camperisti, nessuno dei quali era scappato. Rimanevano i dipendenti della cascina. Tutti stranieri (gli altri sono nati in Senegal, Gabon e Filippine). Uno di loro ha introdotto nelle indagini un elemento inconsueto: il fatto che la lavatrice di Damyan fosse in funzione in piena notte. Un’anomalia non tanto per il divieto di accendere l’elettrodom­estico in quella fascia oraria ma perché il ragazzo aveva fama d’essere uno obbediente, rispettoso delle regole, incapace di compiere mosse che dessero fastidio al prossimo. Nella lavatrice c’erano i vestiti sporchi del sangue dell’anziana. Un errore plateale. Come la fede nuziale sottratta a Carla Quattri e depositata in uno zaino lasciato nella propria camera da letto. Come l’im

In famiglia

Per pochi mesi il ragazzo era stato preso in affido da uno dei figli della vittima

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