«Il mio Churchill anti Brexit» Battiston mattatore in una pièce sul grande statista
Battiston è lo statista sul viale del tramonto in una pièce che alterna pubblico e privato
Sigaro sempre in bocca, gran bevitore di whisky, malandato ma indomabile, autoritario e autorevole, ma capace di ascoltare e di cambiare idea. Celebre per le sue battute folgoranti, una per tutte: «Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre». Un insieme di umani eccessi e di straordinarie doti politiche che ne hanno fatto un’icona del Novecento: Winston Churchill. Che a incarnarlo in scena sia Giuseppe Battiston sembra la naturale conseguenza di quell’Orson Welles, a cui aveva dato vita una decina di anni fa («Orson Welles’Roast»). In cartellone al Parenti da domani, «Winston vs Churchill», testo di Carlo G. Gabardini e regia di Paola Rota, promette
scintille. Mentre, dell’attore friulano, da sempre diviso tra teatro, cinema e tv, si attende l’uscita di un paio di film, «Il grande passo» di Antonio Padovan e «È per il tuo bene» di Rolando Ravello.
Battiston: ora Churchill, qualche anno fa Orson Welles. Trova dei punti di contatto tra questi due simboli del ’900?
«Sicuramente la loro genialità e visionarietà. Welles è stato forse la figura più importante della storia del cinema per le innovazioni che ha introdotto. Churchill è stato fondamentale non solo per la vittoria nella Seconda guerra mondiale ma anche per la salvezza dell’Europa».
«Winston vs Churchill»: il titolo sembra contrapporre l’uomo e lo statista.
«Churchill è immaginato nella fase finale della sua vita, nella vecchiaia e nella solitudine della sua residenza di Chartwell alle prese con i fantasmi del passato. Sono ricordi legati sia alla sua attività politica sia alla sua vita privata: le decisioni prese, gli errori fatti, le vittorie, le sconfitte. Da una parte il peso del passato e dall’altra la consapevolezza che, essendo stato così tanto assorbito dal suo ruolo pubblico, aveva trascurato la famiglia. Ci sono riferimenti molto amorevoli nei confronti della moglie Clementine ed emergono ricordi dolorosi come il suicidio della figlia,
tante incomprensioni e l’incapacità di comunicare dentro le mura domestiche».
Che cosa aveva Churchill di diverso dagli altri per fare quello che ha fatto?
«Una personalità magnetiistrioniche
ca, in grado di catalizzare il consenso di tutti. Aveva idee forti, profonde, in qualche modo rivoluzionarie».
Che strada interpretativa ha seguito per dare vita al personaggio?
«Non cerco verosimiglianza con il personaggio che interpreto. Ce lo siamo immaginati nella sua vecchiaia e quindi ho cercato di caratterizzarne gli “acciacchi” non solo fisici ma anche dell’anima, sottolineando momenti in cui riemergono tanti pensieri, gli studi fatti, l’amore per la poesia e per il teatro. Ma più che il personaggio in sé quello che abbiamo voluto evidenziare è il confronto tra lui e la giovane infermiera, interpretata da Lucienne Perreca. Un confronto generazionale che diventa confronto di idee, ideologico se rapportato al pensiero politico».
Fantapolitica: secondo lei Churchill sarebbe stato d’accordo con la Brexit? «Non credo. Perché la Brexit è figlia di un vento pericolosamente populista che sta soffiando in questi anni in Europa e che viene seguito in maniera altrettanto pericolosa. Non penso che la Brexit porterà qualcosa di buono all’Inghilterra ma neanche all’Europa. E il pensiero di Churchill era antitetico rispetto a quanto sta succedendo oggi in Inghilterra».
Personalità magnetica
Geniale e carismatico finì spesso per sacrificare gli affetti familiari alla passione politica