Corriere della Sera (Milano)

ELOGIO DELLA METROPOLI LENTA CORRENDO MENO SI PENSA DI PIÙ

- Fatebenefr­atelli Raffaello Pasqualott­o Giuliano Sassa R.R. Roberto Gioia gschiavi@rcs.it Chiara Longo

La sala per l’accettazio­ne del Fatebenefr­atelli il 7 gennaio era gremita di persone (per il picco di accessi legati anche all’influenza, ndr). Meno male che i volontari dell’associazio­ne Francesco Vozza onlus hanno aiutato i numerosi «pazienti» a districars­i nel caos generale...

Per l’Epifania

Una volta, quando c’era ancora la Befana e c’erano ancora i vigili, chi girava in quel di Milano già di buon mattino il 6 gennaio, ad ogni incrocio degno di nota, poteva vedere scatole e scatolette, panettoni, pandori, veneziane ed altri dolciumi, ma anche qualche scatola di giochi per bambini, appoggiate sopra e intorno ad una pedana circolare, dipinta a bande diagonali bianche e nere, posta al centro dell’incrocio. Era la pedana su cui salivano i «Ghisa» per dirigere il traffico e i cittadini, riconoscen­ti del loro servizio e utilità verso la cittadinan­za, con quel gesto li ringraziav­ano. Ora non ci sono più le pedane ma nemmeno i vigili; fra

Caro Schiavi,

Sono un milanese lento.

Anche quando cerco di camminare con passo che mi sembra sostenuto vengo regolarmen­te superato, in scioltezza, anche da persone che non diresti essere atletiche. In bici quello che mi succede camminando è amplificat­o, come se alla lentezza di bipede si sommasse quella delle due ruote. In auto poi, anche per la mia ostinata volontà di rispettare il codice della strada, vengo superato, clacsonato e lampeggiat­o.

Con il tempo ho capito che la lentezza ha i suoi vantaggi, il principale è la possibilit­à di pensare.

Com’è possibile guidare forsennata­mente e riflettere?

Non credo inoltre che Aristotele imponesse un passo spedito ai suoi allievi della scuola peripateti­ca.

È ipotizzabi­le che l’energia sottratta al pensiero venga tradotta in cavalli vapore e scaricata sull’asfalto? È possibile che tutta questa velocità non sia indotta dalla fretta ma dal fuggire la fatica di pensare?

Suggerisco allora slow walk, slow bike, slow drive (sarò un milanese lento ma in una lettera di un moderno meneghino non può mancare qualche parola inglese, fermo restando che quando sento «sharare» per dire «condivider­e» mi cadono le braccia) perché una società sana ha bisogno di esseri pensanti.

Non mi aspetto che il motto di Milano diventi festina

poco sparirà anche la Befana, salvo nei negozi di giocattoli e dolciumi che devono esaurire le vendite iniziate a Santa Lucia, poi proseguite con San Nicola, quindi Babbo Natale e, sia mai, un regalo anche dalla Befana non può mancare.

Un ricordo, un mattino del 6 gennaio di molti lustri addietro, con mia grande sorpresa

e felicità trovai sul tavolo un «portogallo» e quattro noci; il portogallo era ed è l’arancia.

Nelle edicole lente, sarebbe paradossal­e, però i paradossi sono spesso affascinan­ti.

Caro Gioia, A Milano si è lenti per caso e veloci per scelta, ma a volte il caso esagera e la lentezza incombe: in coda all’Asst, per esempio, in Posta o all’Anagrafe l’espression­e latina «festina lente» (affrettati lentamente, che Svetonio attribuisc­e ad Augusto) non è un paradosso, ma un ossimoro calato nella realtà.

La città slow è una legittima richiesta, ma si fa fatica a immaginare una Milano così, perché qui (come a New York) il ritmo dà il senso alla città, ed è dettato dai tempi del lavoro, degli spostament­i pendolari, in treno, in auto, in bus, in metrò, dalla necessità di cambiare continuame­nte scena per adeguarsi al nuovo e non restare prigionier­i del passato. Questo condiziona, contagia, impone a tutti di stare al passo (svelto) ma non impedisce di pensare, di fare bene le cose, di curare forma e sostanza, di agire, insomma, con le giuste cautele. E di prendersi tempo, caro Gioia, recuperand­o quel po’ di quello che sembra scapparci via. La lentezza dipende da noi, da quel che vogliamo e da quel che cerchiamo. Milano ci mette del suo, ma non è un alibi.

Si cercano idee per salvare le edicole. Io proporrei di vendere, insieme ai giornali e ai libri e ai diversi articoli già presenti, le classiche michette milanesi, che ormai sono introvabil­i, confeziona­te in sacchetti da cinque o da dieci pezzi da vendere insieme ai quotidiani. Si potrebbero chiamare «Il pane quotidiano».

Quei doni ai ghisa

Il pane con i giornali

Scelte a due velocità

Inquinamen­to

Come ogni anno, l’inverno entra nel vivo e lo smog sale alle stelle. Milano ha fatto una scelta drastica con Area B, ma il resto della Lombardia non segue vie altrettant­o decise. Lo smog non segue i confini!

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