Botte all’artista gay Il raid dell’ultradestra
Salento, indagati 4 ragazzi milanesi
La procura di Lecce ha chiuso le indagini per il brutale pestaggio ai danni di un artista gay, avvenuto a il 10 agosto a Santa Cesarea Terme, in Puglia. Lo afferrarono per il lobo dell’orecchio, provocandone perfino un distacco, trascinandolo per diversi metri gridandogli «frocio», «ricchione» e colpendolo con calci e pugni, anche in testa. La magistratura pugliese contesta a Bruno Furiosi, Stefano D’Angelo, Christian Binelli e Riccardo De Feo, tra i 20 e i 24 anni, noti negli ambienti dell’estrema destra milanese, un tentato omicidio con le aggravanti dalla crudeltà e dalla discriminazione per l’orientamento sessuale.
Il più giovane, vent’anni, ha proseguito in «Cattolica» l’attività politica del liceo, e s’è candidato alle elezioni per gli organi dell’ateneo nel maggio dello scorso anno con la lista: «Sturm und drang - Studenti identitari». Figura anche come responsabile milanese di «Blocco studentesco», l’associazione emanazione di CasaPound. Anche un altro studia nella stessa università. A vario titolo compaiono come attivisti o comunque legati a «Blocco». E frequentatori, a diversi livelli di vicinanza, delle curve di San Siro e soprattutto del palazzo del ghiaccio di Milano, tra gli ultras dell’hockey. Hanno tra i 20 e i 24 anni, sono tutti milanesi e sono ora accusati di una delle più brutali aggressioni omofobe avvenute lo scorso anno. Erano in vacanza e la sera del 10 agosto 2019, a Santa Cesarea Terme, insieme a un loro amico pugliese, urlando più volte «frocio» e «ricchione» massacrarono un uomo fuori da un locale, «afferrandolo anche per il lobo dell’orecchio sinistro, provocando perfino un distaccamento dello stesso organo, e trascinandolo per diversi metri».
La Procura di Lecce ha appena chiuso le indagini per quel pestaggio (vittima un artista gay, 43 anni): un tentato omicidio con le aggravanti dalla crudeltà e dalla discriminazione per l’orientamento sessuale. Gli atti della magistratura pugliese sono arrivati nei giorni scorsi a quattro ragazzi da tempo conosciuti nell’ambiente dell’estrema destra o degli ultras di Milano: Bruno Furiosi, Stefano D’Angelo, Christian Binelli e Riccardo De Feo.
Se poco chiara fu l’origine del pestaggio (un ragazzo che si sentiva male in un’auto fuori da un locale), la magistratura ha ricostruito la dinamica dell’aggressione che iniziò con un pugno sull’occhio sinistro. A quel punto (è spiegato nell’avviso di chiusura delle indagini) mentre l’uomo era a terra «lo ingiuriavano a più riprese e lo percuotevano brutalmente con calci e pugni, anche sul capo». Dopo una prima fase del pestaggio, l’uomo riuscì a scappare, corse via e chiese aiuto a un gruppo di ragazzi che passavano in macchina. Uno dei passeggeri scese e fece anche per andare a cercare il gruppo dei picchiatori, che però si presentarono di nuovo e uno di loro urlò: «Ma cosa fa? Racconti quello che ti abbiamo fatto?». Lo fecero cadere di nuovo a terra e ricominciarono a picchiarlo, ancora a calci e pugni mentre la vittima si riparava la testa con le braccia. Lo lasciarono a terra «esanime».
L’uomo venne soccorso e portato in ospedale e il referto dei medici, finito negli atti dell’inchiesta, spiega le conseguenze del pestaggio: frattura all’orbita dell’occhio e alle ossa della tempia, ematomi ed emorragie alla palpebra, ferite all’orecchio e alla mandibola, escoriazioni in varie parti del corpo.
Da quella sera i carabinieri iniziarono a lavorare alle indagini, raccogliendo testimonianze e filmati di alcune telecamere, poi la vittima ha presentato una dettagliata denuncia con una ricostruzione della serata: sono serviti quasi sei mesi per raccogliere tutte le prove e chiudere l’inchiesta. I quattro milanesi (più il loro amico pugliese) potranno ora chiedere di essere interrogati.
La vicenda è stata commentata ieri dal «Gay center», che chiede: «Serve un’azione chiara da parte del governo, siano sciolte organizzazioni dove si alimenta l’odio verso le minoranze. Il governo attui azioni per prevenire e contrastare l’omofobia. Quante vittime dobbiamo ancora contare?».
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