Pianoforte
Christian Blackshaw solista per la Verdi
«Sono un umile servo della musica». Dall’alto dei suoi settantun anni, Christian Blackshaw può permettersi di professare la sua totale dedizione all’arte dei suoni. Per Blackshaw, oggi solista alla Verdi col quarto Concerto per pianoforte di Beethoven (Auditorium, largo Mahler, oggi ore 2o, domenica ore 16, biglietti 15/36 euro), il motto quotidiano è «cercare di fare le cose con semplicità sempre maggiore». In cima ai film preferiti mette «Fantasia» di Walt Disney accanto al bianco e nero di Hitchcock, tra i libri che più l’hanno segnato «Peter Pan» troneggia tra Tolstoj e Graham. Ha mantenuto lo stesso spirito che lo fece innamorare della musica giovanissimo: «Mio padre teneva in casa alcuni vecchi 78 giri; quando compii quattro anni mi concesse di sceglierne uno e metterlo sul giradischi; ovviamente non sapevo leggere e scelsi a caso, era l’ouverture “Le Ebridi” di Mendelssohn. Esagererei se dicessi che fu in quel momento che decisi di fare il musicista, ma sicuramente quell’ascolto mi lasciò dentro un’impressione profonda che maturò pian piano. A sei anni chiesi di poter iniziare a studiare pianoforte, a sedici abbandonai la scuola per dedicarmi totalmente allo strumento». Curiosamente Blackshaw non terminò gli studi a Londra, bensì al Conservatorio di San Pietroburgo: «Un luogo che porto ancora nel cuore, infatti le due sale in cui più mi piace suonare sono la Wigmore Hall di Londra e quella del Mariinskij a San Pietroburgo». Il suo rispetto per la musica è tale che per essa rifiutò di incidere per la Deutsche Grammophon: «Avevo una trentina d’anni, mi proposero di registrare dal vivo un recital che dovevo tenere a Monaco, ma iniziai a innervosirmi e più che il timore di sbagliare e far brutta figura con i manager della casa discografica non potevo sopportare l’idea di rendere meno evidente al pubblico la bellezza dei brani che dovevo interpretare. Non me ne sono mai pentito, lo rifarei». (e. pa.)