«Graffitari, una banda criminale»
Niente archiviazione per «We can all», la gang italiana più nota (e pericolosa) nel mondo. Tutti i blitz anti Atm Il gip ordina l’imputazione per associazione a delinquere. Ricostruiti 15 anni di vandalismi
Icomponenti della crew di graffitari «Wca», il gruppo italiano più famoso al mondo, andranno a processo. «Sono un’associazione a delinquere», ha motivato il gip Guido Salvini, rigettando la richiesta di archiviazione della Procura. L’inchiesta della polizia locale ha documentato quindici anni di vandalismi su treni della metropolitana e muri. Non solo a Milano, anche nel resto d’Italia, in Europa, addirittura in Australia. La crew dei «Wca» (We can all, in inglese. Tradotto: possiamo tutto) è nata a Sesto San Giovanni nel 2001. Una struttura militarizzata, ognuno con un compito preciso da svolgere durante i numerosi blitz. Il loro motto: «Non siamo artisti, siamo solo dei vandali».
«We can all», possiamo tutto: non c’è arte, vera o presunta, non c’è protesta contro qualcosa o contro qualcuno, non c’è, insomma, alcun messaggio più o meno nobile da urlare al mondo nella banda di giovanotti che passa le proprie giornate, notti comprese, ad imbrattare con la vernice spray treni, metropolitane e muri. C’è solo l’auto compiacimento della sfida agli addetti dell’Atm o delle Ferrovie, a chi vigila in città e, ancora più determinante, alle altre crew. Sono un trattato di sociologia metropolitana e un’analisi profonda di 15 anni (20012016) del fenomeno degli imbrattatori organizzati le 126 pagine depositate dall’Unità tutela e decoro urbano della Polizia locale di Milano nell’inchiesta sui writer della «Wca», una delle crew di writer più famose al mondo.
La struttura
Per come è strutturata, e per come si muove, la crew («squadra di lavoro», in inglese) per la Polizia locale ha tutte le caratteristiche dell’organizzazione criminale. Impostazione giuridica confermata dal gip Guido Salvini che ha imposto l’imputazione di associazione a delinquere finalizzata al danneggiamento, rigettando la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura che non trovava sufficienti elementi giuridici per sostenere questa accusa nei confronti degli 11 indagati, alcuni quasi quarantenni, e tra i quali ci sono cinque stranieri. La crew, annota il giudice, si muove con una «vera e propria programmazione» e con azioni che vengono prima «studiate e successivamente concretizzate per ottenere il massimo risultato nel minor tempo possibile». Come punto di ritrovo hanno una zona del parchetto in via Fratelli Picardi a Sesto San Giovanni.
Le immagini in rete L’obiettivo «è di ottenere il massimo della visibilità», che poi è «l’inetresse primario del writer vandalico», attraverso l’esposizione al pubblico, soprattutto agli altri writer, delle proprie «opere» realizzate imbrattando i muri della città e le carrozze dei treni o delle metropolitane che circolano sul territorio. Tutto poi viene filmato e postato sul web che, a sua volta, amplifica ulteriormente le «imprese».
Da Sesto San Giovanni «We can all» è nata nel 2001. All’inizio si «limitava» ad imbrattare i muri a Milano e nell’hinterland, poi si è specializzata nei treni estendendo il campo di azione anche all’estero. Nell’area milanese, sottolinea la Polizia Locale che ha seguito su internet le tracce delle tag (le firme), ha dichiarato negli anni una vera e propia «guerra» all’Atm, ma ha lasciato evidenti segni anche in Lazio, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Sicilia, Campagna e Puglia, e in Europa. Dalle ricerche in rete è anche emerso che hanno «colpito sicuramente a Stoccolma, Barcellona, Amsterdam, Vienna, Amburgo, Oslo, Atene, Bruxelles, Madrid, Bucarest, Valencia, Parigi, Lione, Anversa, Copenaghen ed anche a New York e a Sydney».
Ottenere rispetto Azioni «forti, aggressive e spettacolari» durante le quali non sono mancati gli scontri fisici con gli addetti alla sorveglianza o con le bande di imbrattatori concorrenti. Imprese che hanno fatto guadagnare a Wca «il rispetto delle più importanti crew italiane ed europee», evidenzia la Polizia locale. In un crescendo di azioni, Wca è diventata la banda italiana più stimata, affermata e conosciuta in Europa. I suoi componenti sono diventati «gli idoli delle crew emergenti per la loro attività di forte impatto» specialmente tra il 2008 ed il 2013. È questo il periodo che vede un aumento vertiginoso di «Whole Car» e «Whole train», le azioni in cui vengono ricoperte di scritte intere carrozze o addirittura interi convolgi che si svolgono sia di giorno che di notte, talvolta anche durante una breve fermata del convoglio in una stazione.
Compiti precisi
Per ottenere questi risultati, ogni writer deve assumere un compito preciso, deciso e definito prima dell’attacco. «C’è chi si occupa dell’approvvigionamento delle bombolette, chi pensa allo studio dell’intrusione, chi verifica la fattibilità in relazione alla pre
senza della security, chi si occupa delle riprese video, chi stabilisce il momento della fuga e la scelta del posizionamento dei singoli soggetti da fare sui vagoni nonché il movimento sincronizzato all’unisono per ottenere l’effetto desiderato», scrivono gli investigatori nella relazione finale. L’atto contiene decine di fotografie e filmati che dimostrano i movimenti «militari» fino alla conclusione del graffito. Ad amplificare le scorribande c’è anche una ditta Usa produttrice di vernice spray che ha realizzato un filmato contenente le gesta di Wca.
Non sono ragazzini
Dalle indagini emerge, sottolineano gli investigatori, che non si tratta di una «banda di ragazzini», ma di «una vera e propria organizzazione, composta spesso da persone adulte ed astute che considerano l’imbrattamento come una affermazione del proprio potere». Non hanno alcuna «finalità artistica», perché ciò che fanno, nella maggior parte dei casi, sono solo «segni senza alcun significato estetico o grafico» che, anche quando hanno un qualche senso, servono solo ad insultate l’Atm e i suoi addetti alla sicurezza. Lo proclama chiaramente e orgogliosamente uno di loro scrivendolo a lettere cubitali su una carrozza della linea verde della metro milanese: «Non sono un artista, sono solo un vandalo». Dovrà spiegarlo al processo.