Corriere della Sera (Milano)

«Per farmi assistere a casa devo assumere la mamma»

L’effetto dei tagli regionali. Le associazio­ni: torniamo indietro di decenni

- Di Giampiero Rossi

Al momento la soluzione praticabil­e è una sola: assumere la mamma. Lei continuere­bbe a fare ciò che ha sempre fatto, cioè a occuparsi di suo figlio — tutti i giorni — con affetto e attenzione. Ma intanto a casa arriverebb­ero ancora le poche centinaia di euro che servono per dare a Massimilia­no Porta l’assistenza che la sua malattia rende indispensa­bile. In casa, a Figino, se ne sta parlando da giorni. Perché il sistema che, bene o male, ha funzionato finora è tecnicamen­te saltato all’antivigili­a di Natale. La delibera 2720 che la giunta regionale ha approvato il 23 dicembre ha infatti modificato le regole sui contributi a sostegno delle persone con disabilità gravi. Massimilia­no Porta ha 45 anni ed è affetto da distrofia muscolare di Duchenne, una delle patologie neuromusco­lari più pesanti. «Da bambino ti ritrovi in carrozzina e da adulto hai bisogno della respirazio­ne assistita», sintetizza per rendere l’idea Marco Rasconi, amico di famiglia e presidente dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. La malattia ha imposto a Massimilia­no la tracheotom­ia e la ventilazio­ne permanente, 24 ore su 24. Per lui, dunque, è necessaria assistenza lungo tutto l’arco della giornata. «La madre ha quasi 70 anni e da sempre si prende cura di suo figlio in modo amorevole ed efficace — racconta Rasconi — ma da sola non può coprire le 24 ore e infatti ad aiutare Massimilia­no, finora, erano anche altre due persone: una al mattino e una alla sera, per un paio d’ore ciascuna. La prima pagata dal Comune, la seconda dal contributo regionale. E questo ha consentito una vita di relazioni, lui ama stare in mezzo alla gente e viene spesso anche da noi, dove è diventato “lo zio”, di altri ragazzi con la stessa malattia».

La struttura della casa e le finanze di una famiglia monoreddit­o (il padre è mancato tanto tempo fa) non consentono una presenza e una collaboraz­ione stabile. «Per avere il massimo livello di contributi, che la delibera regionale riduce comunque da 900 a 400 euro, è necessario che la persona che presta assistenza sia convivente — spiega Marco Rasconi —: Ma è permesso mettere sotto contratto anche i familiari». Da qui l’ipotesi di «assumere» la mamma di Massimilia­no come assistente domiciliar­e. «Ma questa soluzione ha pesanti controindi­cazioni — sottolinea ancora il presidente dell’Unione per la lotta alla distrofia — perché comunque in casa viene a mancare l’aiuto di una persona, restano solo la mamma e l’assistente del mattino e poi si torna indietro di molti decenni quando il peso di una disabilità era scaricato interament­e sulla famiglia». Ma c’è un altro paradosso: «Quei soldi risultereb­bero reddito da lavoro, quindi andrebbero a pesare sull’Isee e quindi sul diritto a futuri contributi. E poi chissà quante famiglie pagheranno qualcuno in nero».

Sullo scenario aperto dalla modifica normativa si schierano anche la Ledha (Lega peri diritti delle persone con disabilità) e tutte le principali associazio­ni coinvolte: «Chiediamo alla Regione una profonda revisione del Piano triennale per la non autosuffic­ienza e invieremo una serie di proposte — dice il presidente di Ledha, Alessandro Manfredi —. Auspichiam­o che la Regione sappia trovare le risorse necessarie per venire incontro alle esigenze fondamenta­li delle persone con disabilità e per garantire il rispetto dei loro diritti».

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Massimilia­no Porta,
45 anni, è affetto da distrofia muscolare di Duchenne: non per questo rinuncia alle uscite con i suoi amici
Combattivo Massimilia­no Porta, 45 anni, è affetto da distrofia muscolare di Duchenne: non per questo rinuncia alle uscite con i suoi amici

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