Niente appalti a chi sfrutta la manodopera
Palazzo Marino aderisce al protocollo internazionale. Gentili: tutela dei diritti
Niente acquisti di beni e servizi da chi sfrutta il lavoro forzato. Palazzo Marino dice no alla tratta e mette nero su bianco la clausola che esclude dagli appalti del Comune le aziende che utilizzano lavoratori in violazione alla legislazione sulla tratta degli esseri umani, sia esso sfruttamento del lavoro minorile o dei migranti.
Niente acquisti di beni e servizi da chi sfrutta il lavoro forzato. Palazzo Marino dice no alla tratta e mette nero su bianco la clausola che esclude dagli appalti del Comune le aziende che utilizzano pratiche di reclutamento e lavoro in violazione alla legislazione sulla tratta degli esseri umani. Siano lo sfruttamento del lavoro minorile, degli immigrati o di chi si trova in una condizione di minorità.
La delibera firmata dall’assessore al Bilancio, Roberto Tasca, prima di Natale, accoglie la sollecitazione della Fondazione Bloomberg Associates che da mesi sta lavorando alla creazione di una rete di città in prima linea nella lotta alla tratta tra cui Houston, Atlanta, Atene e Bogotà. «Il nostro — spiega Tasca — è essenzialmente un atto politico. A oggi non abbiamo avuto esclusioni di imprese per questo tipo di problematiche. Abbiamo deciso di aderire a questo protocollo per ribadire la nostra attenzione e la sensibilità dell’amministrazione a questo tema».
Ogni anno Palazzo Marino spende una cifra variabile tra i 250 e i 300 milioni per l’acquisto di beni e servizi. Il pericolo di acquistarli da aziende che sfruttano il lavoro forzato riguarda essenzialmente le subforniture, come l’acquisto di macchinari e attrezzature (a esempio i detergenti nelle gare di pulizia) i tessuti (nelle gare di vestiario) e gli alimenti (nelle gare per il servizio mensa). Da qui la decisione di inserire nei disciplinari delle gare una dichiarazione per cui le ditte concorrenti si impegnano a rispettare tre obblighi. Il primo: non utilizzare subforniture realizzate utilizzando pratiche di reclutamento e lavoro che violino la legislazione sulla tratta degli esseri umani. Secondo: informare il Comune «di ogni fatto e di qualsiasi notizia riconducibile a possibili casi di traffico di esseri umani e o violazione di norme a tutela degli stessi». Terzo: collaborare con l’amministrazione «in relazione a qualsiasi possibile indagine e o informativa in merito alla violazione di norme in materia di tratta di esseri umani». Sono previste anche delle premialità, per cui nelle gare con l’offerta economicamente più vantaggiosa, le ditte che si impegnano ad approvvigionarsi da subfornitori in possesso di certificazioni di qualità o che forniranno una relazione con tutte le misure adottare per evitare di acquistare da fornitori «dubbi», compreso «le visite sui luoghi di produzione per verificare le condizioni dei lavoratori».
«In attesa di norme internazionali e nazionali ancora più efficaci, è bene che Milano sia all’avanguardia nella tutela dei diritti dei lavoratori — dice il presidente della Commissione Antimafia, David Gentili —. Fondamentale l’articolo 80 per selezionare le aziende migliori, utilizzato anche per escludere alcune ditte nell’inchiesta “mensa dei poveri”. Ma importante anche prevedere punteggi premiali per gli operatori che si impegnano ad approvvigionarsi da subfornitori certificati». «Il Comune — conclude la presidente della Commissione Politiche sociali, Angelica Vasile — da anni è impegnato nel contrasto dello sfruttamento di esseri umani. Purtroppo la tratta è un fenomeno in continua evoluzione e il Comune deve mantenere alta la guardia e anche grazie alle clausole può fare un lavoro importante di contrasto».