Negozi, porte aperte Vertice antisprechi
I tecnici: energia buttata. «Così più clienti»
In tempi d’emergenza climatica si torna a discutere di porte aperte dei negozi. Comune e commercianti si stanno confrontando per trovare una soluzione. Uno studio rivela che un locale con porte sempre aperte registra in inverno una dispersione di energia che varia trai 7 e i 15 mila kilowattora, sufficiente a riscaldare una casa di cento metri quadrati. Va meglio se l’ingresso è dotato di «lame d’aria»: la barriera garantisce un taglio del 40 per cento agli sprechi. Per questo, tra le ipotesi sul tavolo c’è il possibile obbligo per i negozi di installare i dispositivi.
Giusto pochi passi separano l’inverno da un’estate artificiale. Basta passeggiare per strada e infilarsi in un qualsiasi negozio. I Caraibi ci aspettano a porte spalancate. È un tema da sempre terreno di scontro tra una parte della politica e il mondo del commercio. Per l’ala più ecofriendly della maggioranza di Palazzo Marino, tutti devono contribuire a rompere l’assedio dell’inquinamento che attanaglia la città, e quelle porte sempre aperte — che fuori ci siano temperature polari o caldo torrido — sono un inutile spreco di energia. Per la Milano capitale dello shopping, eliminare qualsiasi filtro all’ingresso è invece una strategia acchiappa clienti irrinunciabile per salvaguardare gli affari.
I due fronti si sono incontrati prima di Natale, per esaminare i risultati di uno studio commissionato ai ricercatori della Rse, società del gruppo statale Gse, che collabora con il ministero dello Sviluppo economico e offre supporto alla pubblica amministrazione. Dai test svolti in laboratorio, con simulazioni di diverse condizioni climatiche e di diverso afflusso di clienti, è stato riscontrato che rispetto a un negozio con porte chiuse, in una giornata d’apertura di dieci ore, il locale con porte sempre aperte registra in inverno una dispersione di energia che varia tra i settemila e i 15mila kilowattora (kWh), a seconda delle dimensioni dell’ingresso. «In pratica — spiega Marco Borgarello, a capo dello staff del gruppo di lavoro sull’efficienza energetica — sfuma abbastanza energia per riscaldare una casa di cento metri quadrati». Va meglio in estate, quando la dispersione si riduce a 1.400-2.800 kWh.
Sono state testate anche le «lame d’aria», quei dispositivi che in molti locali spalancati creano una «barriera» attraverso un getto d’aria continuo in prossimità della porta. In base alle verifiche, il sistema in effetti sembra limitare l’uscita del caldo e l’ingresso del freddo, riducendo lo spreco energetico. In inverno, rispetto alla versione porte aperte, si registra un taglio alla dispersione di quasi il 50 per cento. «In ragione della necessità di perseguire politiche di risparmio energetico che non contrastino con lo sviluppo economico del territorio, una possibile soluzione al problema potrebbe arrivare dall’adozione delle cosiddette lame d’aria», scrive allora l’equipe di ricercatori, che segnala però che «la convenienza energetica si riduce quando, per scelte di comfort, si decide di riscaldare il getto d’aria, per via del maggiore costo energetico e delle più elevate dispersioni».
Lo studio va oltre, e sulla base del censimento degli esercizi commerciali, dei settore commerciali e della posizione in città, stima che siano 3.200 i negozi con ingresso senza filtri (l’11 per cento del totale). Ipotizzando che solo un terzo di questi sia ancora privo di «lame d’aria», l’energia sprecata sarebbe 1,4 mila tonnellate equivalenti di petrolio, cioé il 3 per cento del consumo totale dei negozi milanesi. «Se tutti questi negozi avessero le lame d’aria si risparmierebbe quasi la metà dell’energia che oggi viene sprecata — conclude Borgarello —. Ma la vera differenza la fa la temperatura interna ai negozi: tenere un grado in meno in inverno e uno in più in estate vale cinque volte il contributo che si può ottenere con le lame d’aria».
Alla luce dei dati, Comune e commercianti torneranno a vedersi a giorni. E si confronteranno su una possibile mediazione abbozzata all’ultimo vertice: obbligare i negozi superiori agli 80 mq a dotarsi di lama d’aria, e prevedere tempi meno stringenti e aiuti per i locali in periferia o penalizzati dai cantieri. «Le porte aperte garantiscono un 30 per cento in più d’incassi — giura Gabriel Meghnagi di Confcommercio —. Le lame d’aria sono il giusto compromesso, visto che è stata certificata la loro efficacia». Non la pensa così il pd Carlo Monguzzi, presidente della commissione consiliare Ambiente, che insiste: «Non si può chiedere ai cittadini di tenere basso il riscaldamento quando c’è l’ostentazione dello spreco energetico che sono i negozi con le porte aperte. Serve un provvedimento urgente del Comune che indichi a tutti di tenere le porte chiuse».
Monguzzi Serve una misura urgente per obbligare i negozianti
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