«Il mio volo pacifista per i migranti»
Carlo Crespi, 31 anni, esperto di arrampicata: il blitz preparato da un anno, emozione unica
Un salto nel vuoto da 140 metri. Una protesta clamorosa dopo essere salito su una gru in via Melchiorre Gioia e un enorme striscione: «Stay human», restiamo umani. Ecco l’impresa per i migranti morti nel Mediterraneo del climber Carlo Crespi.
Com’è saltare nel vuoto da 140 metri?
«Emozionante. Ho ancora questo flash in testa: io che giro a 18o gradi con una scia di coriandoli nel cielo». Paura?
«Beh, è più rischioso lavorare sui tetti. Io l’ho fatto, mi occupavo di ristrutturazioni. Un giorno ha ceduto una linea vita, s’è sfilato il cavo. Sono volato giù da un tetto. Era il 2016 lì sì che ho rischiato di morire...».
Carlo Crespi 31 anni compiuti sabato, vive a
Milano, è appassionato di arrampicata e di tutto ciò che ha a cher fare con corde, aria, altezza e soprattutto pericolo... «Sono diventato paracadutista ho preso da poco la licenza. Il vuoto è un po’ il mio elemento. Ma lo so bene che è pericoloso...».
Lei è l’uomo che per un’ora ha tenuto in apprensione i milanesi. Là in alto, sulla gru di un grattacielo in costruzione e infine quel salto nel vuoto tra le urla di chi la guardava da sotto.
«Ne valeva la pena. Anche se ho spaccato il vetro del cellulare...»
Beh, dopo un salto nel vuoto da 140 metri ....
«No, no. Semplicemente avevo il telefono in tasca. Il cellulare si è piegato, è stato l’imbrago a rompere il vetro. Nessun problema».
Molti penseranno che la sua azione sia stata pericolosa, incosciente.
«Mi rendo conto. Ma la mia azione è dedicata alle morti del Mediterraneo. Un tema al quale è necessario dare visibilità. Stay human significa questo, restiamo umani. È indecente che l’Italia faccia accordi con la Libia, che metta a disposizione le motovedette...».
«Stay human». È la scritta che ha appeso prima di buttarsi nel vuoto.
«Ho realizzato due bandiere unendo le coperte termiche, quelle argentate e dorate che vengono usate durante i soccorsi. Un grido dedicato a queste persone».
Quando ha pensato a questo blitz?
«Da almeno un anno. Da poco sono volontario del Naga, ma non faccio parte di alcuna rete. Ho pensato e fatto tutto da solo».
E l’obiettivo? La gru come è stata scelta?
«Avevo pensato a quella di Citylife, poi ho visto il palazzo di via Melchiorre Gioia. Una gru meno alta ma molto più visibile».
Ci racconta come è salito lì in alto?
«Sono arrivato intorno alle 10.30. Credo di averci messo una ventina di minuti ad arrivare in cima. Sono 140 metri, piuttosto in alto...»
E poi?
«Ho posizionato le due bandiere, poi ho attaccato una corda di 30 metri e sono tornato indietro sul braccio della gru. Mi sono lasciato andare e ho fatto questo pendolo...»
Ed è rimasto a volteggiare nel vuoto. Non ha avuto paura che la corda si spezzasse?
«È una corda dinamica, fatta apposta per allungarsi». Come un elastico da bungee jumping?
«No, è una semplice corda da arrampicata. C’è un momento di vuoto ma quando la corda va in tensione non dà contraccolpo. Acceleri, sì. Diventi una sorta di razzo umano...»
Con sé aveva anche dei fumogeni.
«Avevo i coriandoli a forma di cuore ricavati dalle coperte termiche e un supporto di legno con 7 fumogeni. I colori della bandiera della pace».
Poi è risalito dalla corda e s’è «consegnato»...
«Sì, qualcuno ha parlato di una trattativa durata un’ora. Macché, si sono solo assicurati che risalissi in sicurezza». Ma l’aveva mai fatto prima?
«Mi era capitato di salire su una gru, ma solo di notte. Senza essere portato in questura, insomma».
Eh ....
«Due denunce: per violazione della proprietà privata del cantiere e per procurato allarme».
Ne valeva la pena? «Assolutamente. Tutto per dare un messaggio necessario di umanità».