MONGUZZI, L’AMBIENTALISTA SPIAZZATO DALLE «GRIDA» VERDI
Come si troverà Carlo Monguzzi, da trent’anni a presidio del campo ambientalista, in questi tempi nervosi, con il sindaco Beppe Sala che dice ai Verdi che non contano niente e i Verdi che lo accusano di essere un taglia-alberi senza scrupoli? Visto il carattere sornione e l’attitudine a smussare i contrasti, è facile pensare che, tra le grida, non si trovi benissimo.
Insegnante di matematica, 68 anni, incarna una tipologia ben precisa: l’ambientalista di quando trovare spiragli nell’oliatissimo ingranaggio del centrodestra lombardo era assai arduo, fu riconfermato consigliere per tre volte (con un record una volta di diecimila preferenze). Il coronamento di questa lunga battaglia di minoranza arriva nel 2006 quando viene eletto in Parlamento per i Verdi. Caso più unico che raro, Monguzzi rinuncia per tornare in Consiglio regionale, lasciando lo scranno al giornalista Roberto Poletti (anche lui eletto coi Verdi) che, anni dopo — «ah, il senno di poi...» — sarebbe diventato il «biografo» di Matteo Salvini.
Entrato nel Pd, mentre altri ambientalisti «del suo gruppo» facevano strada — uno per tutti l’ex premier Paolo Gentiloni — lui è rimasto tra il Pirellone e Palazzo Marino. Non per scarse capacità, «anzi», ma perché — ride chi lo conosce — «è un po’ pigro».
Piuttosto «innamorato di sé», ma ironico, qualche giorno fa — mentre tra il sindaco e i Verdi volavano gli stracci — definiva il suo stesso intervento in consiglio comunale sulla querelle di Città Studi «bello, intelligente e prediletto dagli dei».
Intanto, che siano gli alberi o il clima, nel piccolo mondo ambientalista da qualche tempo è tornato un fremito di partecipazione. Chissà se lo stile soft di Monguzzi è ancora adatto ai tempi. Di certo, è un veterano che non lascia il campo: «Hai presente Buffon nella Juve? Ecco» (e Monguzzi, per la cronaca, è juventino).
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