Corriere della Sera (Milano)

«Troppi improvvisa­tori recuperati in alta quota»

L’allarme del Soccorso alpino lariano: «Poca preparazio­ne e attrezzatu­ra inadeguata»

- Barbara Gerosa

Tra gli alpinisti della domenica aumentano gli incidenti. La media è di un intervento al giorno. Crescono gli incidenti mortali: 24 persone hanno perso la vita nel 2019 durante un’escursione sulle vette lecchesi.

LECCO La media è di un intervento al giorno, solo ieri sono stati tratti in salvo tre alpinisti scivolati nel canalone Bobbio sul monte Resegone, uno fermatosi pericolosa­mente a pochi metri dal precipizio. In linea con i dati degli ultimi anni, ma crescono gli incidenti mortali: 24 le persone che hanno perso la vita nel 2019 durante un’escursione sulle vette lecchesi, tre nelle ultime sei settimane. I numeri disegnano l’attività della XIX delegazion­e lariana del Soccorso alpino, concentrat­a prevalente­mente tra centro-alto lago di Como e Valsassina-Valvarrone, anche se l’area dove operano tecnici e volontari comprende anche il Varesotto e parte del Pavese.

Nel dettaglio le operazioni di soccorso sono state 335, 343 le persone tratte in salvo. Importante l’utilizzo di risorse, 1.643 persone impiegate, tenendo conto che ogni singolo soccorrito­re può essere impegnato più volte, per un totale di 15.534 ore di lavoro. La fotografia parla di incidenti dovuti soprattutt­o a cadute (33,8%) durante attività di escursioni­smo (175 casi). Come a dire che la montagna attrae sempre più appassiona­ti non sempre però adeguatame­nte preparati ed equipaggia­ti. A lanciare il grido d’allarme è il capo del Soccorso alpino lariano. «Studiare il percorso, controllar­e le previsioni del tempo, utilizzare un’attrezzatu­ra adeguata. Un obbligo prima di avventurar­si sulle cime — spiega Alberto Redaelli, responsabi­le della XIX delegazion­e —. Montagne come la Grigna o il Resegone non sono alla portata di tutti. Soprattutt­o con le particolar­i condizioni climatiche che si sono venute a creare nelle ultime settimane. Neve ghiacciata e compatta in vetta, sentieri verdi a valle. Si parte con le scarpe da trekking, alcuni utilizzano anche solo quelle da tennis, e poi quando si trova la neve, se va bene, si mettono i ramponi con l’elastico, che non bastano, e a volte nemmeno quelli. I dati degli interventi nel complesso sono in linea con gli altri anni, ma gli incidenti gravi o mortali sono raddoppiat­i».

Nei racconti dei soccorrito­ri situazioni al limite: c’è chi si avventura su ferrate chiuse, chi perde l’orientamen­to, chi invece di tornare indietro prosegue mettendo a rischio la propria vita e quella dei volontari. «Solo pochi giorni fa abbiamo aiutato tre ragazzi bloccati sulla Grigna Settentrio­nale. Avevano le scarpe da tennis — scuote la testa Redaelli —. Per questo abbiamo pensato di acquistare equipaggia­menti base, ramponi e imbragatur­e leggere, da fornire durante i soccorsi a chi è in difficoltà. È assurdo pensare che dobbiamo attrezzarl­i noi, ma altrimenti spesso non sappiamo proprio come riportarli a valle». Consigli e raccomanda­zioni che sono stati ripetuti ieri durante la giornata «Sicuri con la neve» che ai Piani di Bobbio ha visto la partecipaz­ione di circa 150 persone. Solo un ultimo numero: a livello regionale gli interventi del soccorso alpino lo scorso anno sono stati 1.259, 74 i morti. Dati che dovrebbero far riflettere.

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Alto rischio Un intervento in quota del soccorso alpino
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 ??  ?? In azione Uomini del Soccorso alpino durante un’operazione di recupero
In azione Uomini del Soccorso alpino durante un’operazione di recupero

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