«Troppi improvvisatori recuperati in alta quota»
L’allarme del Soccorso alpino lariano: «Poca preparazione e attrezzatura inadeguata»
Tra gli alpinisti della domenica aumentano gli incidenti. La media è di un intervento al giorno. Crescono gli incidenti mortali: 24 persone hanno perso la vita nel 2019 durante un’escursione sulle vette lecchesi.
LECCO La media è di un intervento al giorno, solo ieri sono stati tratti in salvo tre alpinisti scivolati nel canalone Bobbio sul monte Resegone, uno fermatosi pericolosamente a pochi metri dal precipizio. In linea con i dati degli ultimi anni, ma crescono gli incidenti mortali: 24 le persone che hanno perso la vita nel 2019 durante un’escursione sulle vette lecchesi, tre nelle ultime sei settimane. I numeri disegnano l’attività della XIX delegazione lariana del Soccorso alpino, concentrata prevalentemente tra centro-alto lago di Como e Valsassina-Valvarrone, anche se l’area dove operano tecnici e volontari comprende anche il Varesotto e parte del Pavese.
Nel dettaglio le operazioni di soccorso sono state 335, 343 le persone tratte in salvo. Importante l’utilizzo di risorse, 1.643 persone impiegate, tenendo conto che ogni singolo soccorritore può essere impegnato più volte, per un totale di 15.534 ore di lavoro. La fotografia parla di incidenti dovuti soprattutto a cadute (33,8%) durante attività di escursionismo (175 casi). Come a dire che la montagna attrae sempre più appassionati non sempre però adeguatamente preparati ed equipaggiati. A lanciare il grido d’allarme è il capo del Soccorso alpino lariano. «Studiare il percorso, controllare le previsioni del tempo, utilizzare un’attrezzatura adeguata. Un obbligo prima di avventurarsi sulle cime — spiega Alberto Redaelli, responsabile della XIX delegazione —. Montagne come la Grigna o il Resegone non sono alla portata di tutti. Soprattutto con le particolari condizioni climatiche che si sono venute a creare nelle ultime settimane. Neve ghiacciata e compatta in vetta, sentieri verdi a valle. Si parte con le scarpe da trekking, alcuni utilizzano anche solo quelle da tennis, e poi quando si trova la neve, se va bene, si mettono i ramponi con l’elastico, che non bastano, e a volte nemmeno quelli. I dati degli interventi nel complesso sono in linea con gli altri anni, ma gli incidenti gravi o mortali sono raddoppiati».
Nei racconti dei soccorritori situazioni al limite: c’è chi si avventura su ferrate chiuse, chi perde l’orientamento, chi invece di tornare indietro prosegue mettendo a rischio la propria vita e quella dei volontari. «Solo pochi giorni fa abbiamo aiutato tre ragazzi bloccati sulla Grigna Settentrionale. Avevano le scarpe da tennis — scuote la testa Redaelli —. Per questo abbiamo pensato di acquistare equipaggiamenti base, ramponi e imbragature leggere, da fornire durante i soccorsi a chi è in difficoltà. È assurdo pensare che dobbiamo attrezzarli noi, ma altrimenti spesso non sappiamo proprio come riportarli a valle». Consigli e raccomandazioni che sono stati ripetuti ieri durante la giornata «Sicuri con la neve» che ai Piani di Bobbio ha visto la partecipazione di circa 150 persone. Solo un ultimo numero: a livello regionale gli interventi del soccorso alpino lo scorso anno sono stati 1.259, 74 i morti. Dati che dovrebbero far riflettere.