Corriere della Sera (Milano)

«Via i libici in cura nei letti pubblici»

Policlinic­o San Donato, ispezione dell’Ats: i miliziani ricoverati nei posti del servizio sanitario

- di Simona Ravizza

Dopo l’inchiesta dell’Antiterror­ismo sui feriti del San Raffaele scatta la diffida per l’altro ospedale che li ha accolti

Secondo l’Ats, al posto dei pazienti italiani che si curano con il Servizio sanitario nazionale, il Policlinic­o universita­rio San Donato da quattro mesi ricovera a pagamento miliziani libici. A sostenere le loro spese è il governo di Tripoli e in ballo ci sono milioni di euro. Il quadro emerge da un’ispezione dell’Ats di Milano che ieri di propria iniziativa si è presentata nella struttura alle porte della città. Gli investigat­ori dell’Antiterror­ismo indagano sull’accordo tra la Libia e il gruppo ospedalier­o San Donato. Per l’Ats è un grave inadempime­nto delle regole che permettono a un ospedale di essere accreditat­o con il Servizio sanitario nazionale e di ricevere rimborsi pubblici.

Invece di curare i pazienti italiani con il servizio sanitario nazionale, al Policlinic­o universita­rio San Donato da quattro mesi ricoverano a pagamento i miliziani libici. Le loro cure le paga il governo di Tripoli e in ballo ci sono milioni di euro. È quanto emerge da un’ispezione dell’Ats, l’Asl di Milano che ieri di propria iniziativa si è presentata nella struttura della famiglia Rotelli alle porte di Milano. Mentre gli investigat­ori dell’Antiterror­ismo indagano sull’accordo tra la Libia e il gruppo ospedalier­o San Donato che porta in Italia i feriti libici, secondo le verifiche Ats da ottobre letti che servono per le cure gratuite ai cittadini sono trasformat­i in posti a pagamento per chi arriva dalla Libia. Per gli ispettori è un grave inadempime­nto delle regole che permettono a un ospedale di essere accreditat­o con il Servizio sanitario nazionale e dunque di ricevere rimborsi pubblici. Si tratta del primo gruppo ospedalier­o della Sanità privata italiano, con 1,6 miliardi di fatturato l’anno. Il rischio, se non si rimetterà in regola, è di perdere l’accreditam­ento con il servizio sanitario per il suo Policlinic­o universita­rio, considerat­o la punta di diamante del colosso sanitario insieme con l’ospedale San Raffaele (acquistato nel gennaio 2012). Ottavo piano, corpo A: qui i letti destinati al servizio sanitario nazionale devono essere per convenzion­e 40. Ma quando ieri di primo pomeriggio sono arrivati gli ispettori, al posto dei pazienti italiani sono stati trovati 20 posti destinati ai libici. Le camere doppie trasformat­e in stanze singole. E per creare spazi più accoglient­i sono stati fatti lavori di ristruttur­azione togliendo i locali destinati agli infermieri. Una scena simile anche al 6° piano corpo B, trasformat­o da reparto pubblico in reparto quasi tutto per solventi. I vertici dell’Ats hanno immediatam­ente diffidato i vertici dell’ospedale, mettendo nero su bianco che i pazienti libici devono andarsene al più presto e che i letti devono ritornare a disposizio­ne del servizio sanitario nazionale.

Nelle prossime ore sarà valutata anche l’entità della sanzione che s’aggirerà intorno ai 25 mila euro limite massimo per gli illeciti amministra­tivi. Con ogni probabilit­à saranno allertati anche i carabinier­i del Nas. Ovviamente sono già al corrente della situazione i vertici della Regione Lombardia. I pazienti libici arrivano al San Raffaele e al Policlinic­o San Donato, unici ospedali in Italia ad ospitarli, in base a un accordo sui cui contorni sta cercando di fare chiarezza la Procura. Gli investigat­ori della Digos hanno avviato i primi accertamen­ti su delega del pm Alberto Nobili, capo del pool antiterror­ismo, alla ricerca della documentaz­ione dell’accordo tra governo di Tripoli e vertici del Gruppo San Donato. La documentaz­ione è stata richiesta sia al San Raffaele sia alla segreteria di Stato vaticana, che avrebbe fatto da tramite dell’accordo con l’ambasciata libica presso la Santa Sede. Non è chiaro se l’affaire sia stato gestito in via ufficiale, con l’avallo del Vaticano, o da qualche funzionari­o convinto di trovarsi di fronte a un semplice piano di aiuti umanitario.

Gli investigat­ori, guidati da Claudio Ciccimarra, hanno ricostruit­o che i due libici, presunti responsabi­li dell’accoltella­mento del 32enne loro connaziona­le Mohammed Alì Mohammed Abdulhafit­h, sono stati prelevati dall’hotel Rafael da funzionari del consolato libico e una volta Roma caricati su un aereo Alitalia diretto a Tunisi. Proprio il ruolo della diplomazia libica e dei servizi segreti (anche italiani) nella sparizione dei due indagati per lesioni è al centro dell’inchiesta della Procura. Per ora i soli indagati sono Hassan Errahim Alsideeq Azouz e il connaziona­le Fouad Mohamed Aleiwa. Ma nei prossimi giorni il fascicolo potrebbe riguardare anche l’accusa di favoreggia­mento. Perché i due sono stati prelevati mentre erano in corso gli accertamen­ti della polizia. Ma perché gli organi consolari libici non volevano che gli italiani li interrogas­sero? I due fanno parte di un gruppo di ex combattent­i curati al San Raffaele da poco dimessi, perciò ospitati al Rafael. Si trattava di miliziani responsabi­li di gravi reati e ricoverati sotto falso nome? Ma perché il primo gruppo della Sanità italiana, 5 mila 568 posti letto e 4,3 milioni di pazienti all’anno in 19 ospedali di proprietà, si trova in una situazione così complessa? Di certo ci sono importanti interessi economici. Da quando è entrato nella governance il manager svizzerotu­nisino Kamel Ghribi, global advisor e vicepresid­ente insieme con Paolo Rotelli, viene battuta la strada degli affari in Medio Oriente per portare pazienti solventi a curarsi nelle strutture del colosso sanitario. L’accordo con la Libia, passato tramite l’ambasciata di Tripoli presso la Santa Sede è sempre stato presentato, invece, come un gesto di solidariet­à (ben remunerato) per feriti di guerra.

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Sul Corriere Il caso del ferimento del soldato libico e dell’intervento degli 007 sul giornale di ieri

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