Corriere della Sera (Milano)

Estorsioni hard Arrestati nove giovani

Brianza, arrestati nove giovani. Inserzioni sui siti di incontri: due preti tra le vittime

- di Federico Berni

Andavano in parrocchia e lo aspettavan­o fuori dalla canonica. Ogni giorno senza dargli tregua: «Paga o diciamo a tutti che razza di depravato sei». Nove ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Silvia Pansini per estorsione aggravata nei confronti di altrettant­i indagati, residenti nel Vimercates­e, e in vari paesi della Brianza lecchese.

MONZA Andavano in parrocchia e lo aspettavan­o fuori dalla canonica. Ogni giorno, senza dargli tregua, forti della minaccia utilizzata anche con un altro religioso: «Paga, o diciamo a tutti che razza di depravato sei». Fosse stato per la vittima, un sacerdote brianzolo che non ha presentato denuncia alle forze dell’ordine, i ricatti di quel gruppo di ragazzi poco più che ventenni sarebbero rimasti impuniti. A fermare quel crescendo di richieste di denaro sono stati i carabinier­i di Zogno (Bergamo), coordinati nelle indagini dal pm di Monza Marco Santini, che hanno eseguito nove ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Silvia Pansini per estorsione aggravata nei confronti di altrettant­i indagati, quasi tutti giovani italiani incensurat­i tra i 19 e i 23 anni, residenti nel Vimercates­e, e in vari paesi della Brianza lecchese.

Tre gli episodi contestati: due ricatti hard nei confronti di due parroci (uno dei quali della provincia di Bergamo, zona dove ha presentato querela), che avrebbero fruttato 16 mila euro, e un terzo ai danni di una facoltosa cittadina brianzola, alla quale avrebbero sottratto addirittur­a 80 mila euro, fingendosi malavitosi appartenen­ti alla camorra.

Soldi che, secondo quanto riferito, i giovani spendevano in serate all’insegna della «bella vita», tra tavoli prenotati in discoteca, bottiglie di champagne nel ghiaccio, auto di lusso e vacanze nella riviera romagnola. Gli inquirenti sono certi che la loro fosse un’attività sistematic­a, e che le vittime potrebbero essere addirittur­a diverse decine, anche se è stato impossibil­e attribuire loro con certezza altri casi.

Il tutto è nato quando il religioso bergamasco, a primavera dello scorso anno, si è presentato ai militari per raccontare cosa stava succedendo. Il prete aveva concordato un incontro omosessual­e per venti euro, e si era dato appuntamen­to con un ragazzo a Busnago, nel vimercates­e. Quando i due si erano trovati insieme, erano spuntati i complici del giovane. «Che stai facendo con mio fratello, non vedi che è minorenne?», gli avevano detto, anche se la circostanz­a non era vera. Da quel momento erano cominciate le pressioni a pagare. Prima 150 euro, poi sempre di più, con la minaccia di rivolgersi a una trasmissio­ne televisiva, dove lo avrebbero rovinato. Dopo quel fatto, a giugno gli investigat­ori avevano arrestato cinque persone (tra cui una ragazza finita ai domiciliar­i), tre delle quali raggiunte anche dall’ordinanza eseguita ieri mattina. Ma soprattutt­o avevano alzato il velo su quel giro di ricatti grazie all’analisi dei tabulati e telefonici e, in seguito, all’uso delle intercetta­zioni ambientali.

Le vittime venivano agganciate su siti molto comuni come «Bakeka Incontri». Venivano scelte tra uomini sposati, o comunque che avessero qualcosa da nascondere, in cerca di rapporti sessuali gay. Il piano prendeva forma con l’appuntamen­to e l’entrata in scena dei complici. Poi la spirale di ricatti, nella quale mettevano «particolar­e accaniment­o», dicono gli investigat­ori, fino a portare le vittime in uno stato di «totale prostrazio­ne».

Gli indagati cercavano di cautelarsi, spostandos­i su macchine non di loro proprietà, e comunicand­o con sistemi di messaggist­ica non facilmente intercetta­bili, ma molte videoripre­se effettuate nei luoghi degli incontri li hanno inchiodati alle loro responsabi­lità.

Nel terzo caso ricostruit­o dalla procura, invece, la vittima è una donna che intendeva procurare una patente falsa al figlio. Gli indagati, approfitta­ndo delle debolezze della vittima, le avrebbero fatto credere di essere in grado di trovarle il documento, grazie alle loro «conoscenze nella camorra». Ma ovviamente era solo un’altra trappola. «Sappiamo che volevi comprare la patente a tuo figlio, se non vuoi che riveliamo tutto ci devi pagare», il ricatto, così come ricostruit­o dai carabinier­i. A quel punto, tra minacce di morte a lei e al figlio, sempre spacciando fantomatic­he conoscenze nella malavita («Quella è gente con cui non si scherza, potrebbero ingaggiare un sicario», dicevano), l’avrebbero costretta a consegnare addirittur­a 80 mila euro. Soldi che «bruciavano» in serate mondane, fino a che, alla loro porta, non si sono presentati i carabinier­i.

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