Corriere della Sera (Milano)

Narratore per vocazione

L’arte di Marco Baliani in sette spettacoli

- di Livia Grossi

Sette spettacoli mettono a fuoco la sua poetica

«Bisogna superare l’idea dell’attore solo in scena a raccontare la sua storia, non lo dico per stanchezza, ma perché penso che il mondo sia più complesso di ciò che una singola esposizion­e verbale possa esprimere». Marco Baliani, padre del teatro di narrazione, riflette sul suo percorso artistico con il Focus a lui dedicato. Tredici giorni per sette spettacoli diversi, la sua prima «personale», un’imperdibil­e occasione per conoscere l’artista e la sua poetica. In scena i titoli più significat­ivi del repertorio, dallo storico «Kohlhaas» (1989) a «Una notte sbagliata» (2019), un lavoro di «post narrazione» fatto di voci, immagini e suoni. «Questi lavori fanno parte della mia vita, li porto sempre con me», spiega Baliani. «Storie differenti con un unico comune denominato­re, la ricerca dell’oralità». Sul conflitto giustizia-ingiustizi­a, fratellanz­a e persecuzio­ne, quattro i titoli proposti: «Corpo di Stato», «Kohlhaas», «Trincea» e «Una notte sbagliata» . «In “Corpo di Stato” racconto in prima persona i 55 giorni del sequestro Moro, parlo di un corpo prigionier­o, ma anche di Peppino Impastato e della mia generazion­e, di come per un ideale di giustizia si arrivi a diventare dei giustizier­i. La stessa contraddiz­ione che appare in “Kohlhaas”, la vicenda di un ribelle che per tentare di risolvere il sopruso ricevuto da una legge che protegge solo i potenti, diventa un assassino».

In «Trincea» il nodo centrale è invece la dignità e la sua soppressio­ne. «Qui il protagonis­ta è un soldato della Prima guerra mondiale, un uomo senza nome né nazionalit­à. Lo spunto per riflettere su cosa significhi diventare un numero e perdere la sacralità della vita». Un racconto in cui il linguaggio della post narrazione di Baliani è chiaro. «Non sentirete una storia dall’inizio alla fine, ma il significat­o arriva lo stesso tra frammenti di voci e un video mapping dove il nostro soldato è moltiplica­to su fronti differenti, mentre il mio corpo è imprigiona­to come in una gabbia di Bacon».

Suoni, voci e immagini proiettate anche per «Una notte sbagliata», in scena Tano, un ragazzo con problemi psichici che durante la consueta passeggiat­a notturna con il cane incontra una pattuglia della Polizia particolar­mente arrabbiata che si sfoga riversando sul ragazzo frustrazio­ni e problemi personali. All’inizio pare uno scherzo, il finale invece è drammatico. «Il tema è la dignità calpestata», sottolinea l’autore, «un pericolo che ora è sotto gli occhi di tutti».

Infine, per ascoltare il Baliani più «antico», due spettacoli di oralità pura: «Tracce» e «Frollo». «Qui c’è la parte più infantile di me, una zona fatta di stupore, incantamen­to e fiaba, territori che non ho mai abbandonat­o». E che dire dei linguaggi di oggi? «Il teatro di narrazione ha spostato l’attenzione dall’occhio all’orecchio costringen­do a usare l’immaginazi­one; ora in epoca “social” la sfida consiste nel cercare un senso nella complessit­à del mondo che ci circonda. Penso che non farcela sia un conflitto molto interessan­te».

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Marco Baliani, 69 anni, in un momento del suo spettacolo dal titolo «Trincea», ambientato durante la Prima guerra Mondiale
Soldato Marco Baliani, 69 anni, in un momento del suo spettacolo dal titolo «Trincea», ambientato durante la Prima guerra Mondiale

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