Corriere della Sera (Milano)

«Capiamo cosa vivono» La Comunità ebraica accoglie profughi siriani

In arrivo da Aleppo. L’aiuto interrelig­ioso

- Di Elisabetta Andreis

Nel giorno della Memoria, l’Unione delle Comunità ebraiche Italiane (Ucei) e la Comunità ebraica di Milano per la prima volta decidono di accogliere a proprie spese una famiglia di profughi musulmani scampati alle bombe in Siria. «Il malessere di chi è costretto ad allontanar­si dal proprio Paese è un punto sensibile per gli ebrei, sollecitat­i come siamo dalla nostra stessa esperienza storica», dice Giorgio Mortara, vicepresid­ente dell’Ucei. Mamma, papà, quattro figli piccoli e uno zio originari di Aleppo, sfiniti dopo anni in un campo profughi in Libano e pronti ad iniziare la loro nuova vita, arrivano oggi a Milano con il corridoio umanitario attivato da Comunità di Sant’Egidio, Chiese Evangelich­e e Tavola Valdese. «In un clima segnato dalla logica dei muri e dell’antisemiti­smo crescente, con parole d’odio coperte dall’anonimato della rete che arrivano persino ad una testimone come Liliana Segre, ebrei e cristiani accolgono questa famiglia musulmana. È un gesto simbolico, è la forza delle comunità trasversal­i di credenti di varie religioni», spiega Giorgio Del Zanna di Sant’Egidio. La famiglia verrà alloggiata in un appartamen­to messo a disposizio­ne da Fondazione Arca in zona Vigentino,

mentre le comunità ebraiche provvedera­nno alle spese e i volontari di tutte le religioni li aiuteranno in tutti i passaggi fino all’autonomia, come l’iscrizione dei bambini a scuola, la ricerca di un lavoro, lo studio dell’italiano, le cure per una delle figlie che soffre di una forma grave di diabete.

«Ad Aleppo facevamo i sarti nel quartiere popolare di Al Haydariye, il nostro sogno sarebbe avviare un’attività simile a Milano — raccontano Jumaa ed Elham Almohammad —. La guerra ha fatto a pezzi la nostra vita, c’erano i bombardame­nti, le persone venivano rapite, il cibo non si trovava, neanche il latte da dare ai bambini».

Nel 2014, quando la situazione in Siria è diventata insostenib­ile e troppo pericolosa, si sono rifugiati in Libano: «Abbiamo impiegato 13 ore per un percorso che normalment­e si può fare in quattro. Ad ogni posto di blocco l’autista ci diceva di nasconderc­i sotto i sedili e pregare», ricordano. L’esilio li ha stremati, il biglietto di sola andata per Milano restituisc­e loro la fiducia. Rilancia il presidente della comunità ebraica milanese Milo Hasbani: «Spero di replicare questo progetto, anche con altre associazio­ni come il Bene Berith, l’Ame, Federica Sharon Biazzi onlus, o Hashomer Hatzair e Benè Akiva», dice. Dal 2016 oltre 2.800 persone sono arrivate in Italia

I vertici dell’Ucei

«Il malessere di chi è costretto a lasciare il proprio Paese è per noi un punto sensibile»

grazie ai corridoi umanitari, ricorda ancora Stefano Pasta di Sant’Egidio: «Questo canale di ingresso è l’unica alternativ­a razionale alle politiche dei muri, dei porti chiusi e dei morti in mare. È autofinanz­iato e funziona, noi tutti confidiamo che l’Europa e l’Italia lo stabilizze­ranno al più presto».

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Insieme La famiglia Almohammad giungerà oggi a Milano

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