Salvato dal suicidio grazie a sms sbagliato
Scrive a un vigile per errore: mi ammazzo
Un messaggio disperato, l’annuncio del proprio suicidio destinato alla compagna, ma che, nella foga, arriva a un numero sbagliato: quello di un agente della polizia locale di Rho. Che intuisce che non è uno scherzo e allora si finge la donna, risponde a quel messaggio, tiene impegnato l’uomo nella chat finché i colleghi riescono a trovarlo — alla stazione ferroviaria — e a farlo desistere dall’idea di togliersi la vita. Lo avvicinano, lo confortano e lo accompagnano prima al comando e poi all’ospedale di Rho dove ora potrà curare la suo pesante depressione.
Un messaggio disperato, rivolto alla sua compagna, ma che, nella foga, arriva a un numero sbagliato. E, dall’altra parte dello schermo, un agente di polizia locale che lo riceve per caso e intuisce che non è uno scherzo e che c’è una vita in gioco. Allora si finge la donna e gli risponde, tiene impegnato l’uomo nella chat, finché gli altri vigili riescono a trovarlo e a farlo desistere dall’idea di togliersi la vita. E così finisce bene una storia che, soltanto un’ora prima, sembrava volgere al peggio.
Martedì, nel tardo pomeriggio, Luciano (il nome è di fantasia), un cinquantenne che vive a Rho, si reca alla stazione e si mescola ai pendolari in attesa sulla banchina. Nella sua testa non ci sono treni da prendere, solo l’intenzione di mettere fine alla sua sofferenza. Da mesi la mente è tormentata dai dissidi famigliari. L’uomo, che vive in città ma passa spesso periodi all’estero per lavoro, vive un momento di profonda depressione. Ma, prima di attuare i tragici propositi prende il cellulare e scrive alla sua compagna alcuni messaggi su WhatsApp.
Lo sconforto e l’agitazione, però, minano la sua lucidità e così le parole che annunciano il gesto estremo finiscono, per sbaglio, non sul telefono della fidanzata, ma su un numero che l’uomo aveva già utilizzato nella chat in passato, senza però registrarlo. È la sua salvezza: il numero appartiene al cellulare di uno degli agenti di Polizia Locale di Rho. «Sui numeri di servizio è attivata la chat, ma non mostra alcuna immagine del profilo» spiegano dal Comando, diretto da Antonino Frisone.
I messaggi e il tono del cinquantenne non lasciano dubbi. Dicono: «Sentirete parlare di me al tg». Allora l’agente tenta il tutto per tutto: si finge la compagna e lo asseconda, lo tiene online, cerca di prendere tempo. E, intanto, riesce ad allertare i suoi colleghi.
Mentre i due continuano a chattare, la polizia locale comincia frenetiche indagini, per cercare di scoprire l’identità dell’uomo e il luogo dove si trova in quel momento. Si scopre, così, che il cellulare è intestato a un cinquantenne di Rho che spesso si reca in Svizzera e in Francia. Non si esclude, quindi, che sia all’estero, e per questo viene avvisata anche la Polizia di Frontiera. Bisogna fare in fretta, perché a un certo punto l’uomo si insospettisce e chiede alla compagna (in realtà l’agente), perché le risposte gli arrivino da un numero diverso dal solito. Il vigile riesce però a tergiversare e, nel frattempo, il cellulare, grazie ai servizi di geolocalizzazione, viene rintracciato alla stazione di Rho. Due pattuglie si precipitano sul posto: tra i viaggiatori sulle banchine in molti hanno in mano il cellulare e i binari da controllare sono sei. Tuttavia, gli agenti conoscono il volto dell’uomo, grazie ai controlli fatti con l’anagrafe comunale, e così, dopo qualche istante, riescono a individuarlo fra i pendolari in attesa.
I vigili gli si avvicinano e lo interpellano con discrezione. Gli parlano e lui, attonito, capisce quello che è accaduto. Ricorda di aver effettivamente già usato il numero dei vigili, qualche mese fa, per prendere un appuntamento nei loro uffici. E invece adesso gli deve la vita. Gli agenti lo confortano e lo convincono a seguirli, prima al comando e poi all’ospedale di Rho dove, con l’aiuto dei medici e la vicinanza dei suoi famigliari, proverà a trovare nuova speranza nel futuro.