Effetto virus, la moda perde i cinesi
Alle sfilate costretti al forfait tre marchi e mille operatori. Scuole, Chinatown si autotutela
Il nuovo virus cinese colpisce anche il mondo della moda: la Fashion week perde tre marchi e mille visitatori tra buyer e stilisti. Apprensione per un mercato che vale il 30-40% delle vendite del lusso globale. Alle scuole di via Giusti, cuore di Chinatown, le mamme (tra i dubbi) non rinunciano a mandare i loro figli in classe. La comunità cinese invece chiede alle famiglie che sono tornate dalla Cina di stare a casa un paio di settimane. Dopo la lettera dei governatori leghisti, l’assessore al Welfare Gallera chiarisce: «L’isolamento per i bambini delle scuole non è necessario: ma è giusto chiedere maggiore chiarezza, anche alla luce degli arrivi dalla Cina che sfuggono ai controlli».
La coda di monopattini, poi quella delle biciclette. Campanella delle 16.30, all’asilo e alla materna di via Giusti, cuore della Chinatown milanese, ti aspetti un’uscita sottotono, figlia della psicosi da Coronavirus. Di classi dimezzate da mamme prudenti sull’orlo di una crisi di nervi. «In classe di mio figlio ci sono tre bambini cinesi. Non siamo preoccupati delle loro condizioni di salute. Non siamo in Cina e il virus non si trasmette in modo telematico», dice Matilde Bongio, con un ottimismo figlio del clima di calma e razionalità predicato dalle scuole. «Ho 1.200 studenti e vorrei poter lavorare, si sta creando una situazione surreale» dice Valerio Cipolloni, preside della scuola, che ha passato gli ultimi giorni a rispondere al telefono a chi gli chiedeva sempre la solita cosa: «Siamo sicuri?».
Il profilo resta basso. «Quello del rapporto con i bambini cinesi è un tema meno divisivo di quello che si possa pensare», dice Enrico Loasses, che oggi raccoglie i figli prima all’asilo e poi fa tappa alla materna. Perché i veri danni, ragionando in termini di assenze, li sta facendo la gastroenterite, che da settimane ha messo in ginocchio bambini, famiglie e insegnanti di tutta la città. «Però è vero che chi si poteva permettere la scelta, in alcuni casi ha deciso di tenere i figli a casa», ammette la tata di due bambini che escono dall’asilo.
Il filo resta sottile. «Ma le indicazioni sono chiare. Ad oggi sono chieste precauzioni igieniche, che tra l’altro dovrebbero essere normalmente adottate in una scuola: non abbiamo competenze per imporre quarantene», dice l’assessore all’Educazione e Istruzione Laura Galimberti, che oggi sarà a pranzo alla mensa della scuola di via Giusti. Dove ad affidarsi ai numeri la situazione non è troppo cambiata. «Non teniamo i figli a casa per il Coronavirus, anche se ovviamente in casa il tema esiste», dice Mara Selvabonino.
Quello che però emerge se mai è il meccanismo opposto. Più che le mamme (italiane) ansiose, è la comunità cinese a chiedere ai genitori un passo indietro. Da quando sono stati chiusi i voli diretti, i cinesi che arrivano tramite scali non sono sottoposti a particolari visite mediche. E così la comunità locale da giorni sponsorizza un’auto-quarantena: un paio di settimane a casa. Non un obbligo, una raccomandazione. Una questione di coscienza.
Poi però c’è l’umore dei bambini. All’asilo le priorità sono altre, ma all’elementari comincia a diventare un tema di classe. «Sono spontaneamente inclusivi, ma cominciano a subire le barriere che gli adulti stanno alzando in maniera ingiustificata», conclude Galimberti. Ecco, in questo senso, il clima non è lo stesso che si respirava prima di Natale. Perché i ragazzi cominciano a farsi domande.
In una terza media in zona Bovisa c’è il caso di una ragazzina di 13 anni che sotto Natale era partita per tornare a festeggiare il Capodanno a casa. «Era euforica, perché non succedeva da tempo», dice la sua maestra di italiano. Abitava a Wuhan. E ora è bloccata e affida a Whatsapp il suo bisogno di tornare alla vita vera: «Ci scrive ogni giorno: in questi giorni avrebbe dovuto iscriversi al liceo».
Fontana Nella lettera abbiamo solo chiesto di valutare ulteriori misure di protezione e tutela dei bambini e degli studenti della scuola dell’obbligo sulla base del report dell’Oms, che spiega come il contagio tra soggetti asintomatici non sia impossibile Nessun discrimine
Gallera Come responsabile della salute dei cittadini dico che oggi non c’è la necessità di alcuna quarantena Noi ci atteniamo alle indicazioni dell’Istituto superiore di sanità, che è stato preciso e puntuale rispetto alla certezza dei messaggi richiesta dai governatori