«Ricambio difettoso» Ora i test sui materiali
Treno deragliato, la difesa degli operai
Sono gli stessi operai indagati per il disastro ferroviario di giovedì ad avanzare i sospetti, ipotizzando che a innescare il deragliamento costato la vita a due macchinisti non sia stato un errore umano ma un difetto di fabbricazione dei pezzi di ricambio installati. Sono molti i misteri che ancora non si spiegano a cinque giorni dall’incidente del Frecciarossa: i lavori, eseguiti come da prassi di notte, sarebbero terminati infruttuosamente poco prima di riaprire la rete; il sensore che avrebbe dovuto indicare la corretta direzione dello scambio sarebbe stato disattivato.
OSPEDALETTO LODIGIANO (LODI) Il sensore che avrebbe dovuto indicare la corretta direzione dello scambio disattivato. Il giallo dei lavori, eseguiti come da prassi di notte, ma terminati infruttuosamente pochi minuti prima di riaprire la rete alla circolazione. E il sospetto, avanzato dagli stessi operai indagati, che a innescare il disastro di Ospedaletto Lodigiano non sia stato un errore umano ma un difetto di fabbricazione dei pezzi di ricambio installati.
Sono molti i misteri che ancora non si spiegano a cinque giorni dall’incidente del Frecciarossa costato la vita ai due macchinisti Giuseppe Cicciù e Mario Dicuonzo. E proprio intorno a queste domande ruotano i quesiti che i magistrati di Lodi hanno formulato ai consulenti Roberto Lucani e Fabrizio D’Errico, che stamattina riceveranno formalmente l’incarico per eseguire i primi esami sul «deviatoio 05» dove s’è innescato il deragliamento. Lo scambio si trova al chilometro 166+771, 350 metri a nord del punto in cui la testa del Frecciarossa ha impattato contro il posto manutenzione di Livraga.
Nell’interrogatorio fiume ai cinque tecnici di Rfi (quattro operai e un caposquadra) durato oltre 12 ore, gli indagati hanno ribadito di aver lasciato lo scambio «nella corretta posizione» e hanno respinto l’accusa di «non aver eseguito i lavori di manutenzione nella maniera adeguata». Ma i tecnici non si sono limitati a respingere le accuse, hanno fornito anche una versione «alternativa» dell’incidente.
In particolare hanno chiesto di effettuare analisi sull’attuatore che due di loro avevano sostituito sullo scambio 05. Secondo gli operai il deragliamento non sarebbe stato innescato da una loro negligenza come sostiene la procura, ma da un difetto di fabbricazione del braccio di movimento dello scambio che quella notte avevano sostituito. Una verifica che verrà effettuata probabilmente domani quando i consulenti della procura di Lodi e delle difese apriranno i meccanismi del deviatoio. Ieri i poliziotti della scientifica hanno posizionato un gazebo di copertura nel punto in cui si trova l’attuatore proprio per preservarlo il più possibile da pioggia o agenti esterni.
Gli operai hanno anche raccontato che nonostante a fine lavori il deviatoio sia stato «disalimentato» per un problema elettrico, questo non significa che i sensori di controllo della posizione dei binari siano stati disattivati. Già oggi gli investigatori sentiranno i responsabili e il personale in servizio giovedì notte alla centrale Alta velocità di Bologna. E non è escluso che possano esserci presto nuovi indagati. Nel centro di controllo emiliano, infatti, gli operatori avevano riferito di non aver ricevuto alcun dato dai sensori ma di aver agito, per così dire, in modalità manuale dopo il fonogramma di conferma della posizione corretta arrivato alle 04.45, pochi minuti prima della riapertura della linea. Fonogramma inviato dagli stessi operai a fine lavori.
Ma quali interventi hanno effettuato quella notte i cinque operai? Il programma dei lavori era forse troppo com
presso per consentire lavorazioni adeguate? Gli operai hanno ricevuto pressioni per riaprire quanto prima la linea al transito nonostante non tutti i controlli di sicurezza fossero stati attuati? Domande che sono al centro dell’inchiesta coordinata dal pm Giulia Aragno e dal procuratore di Lodi Domenico Chiaro. Per questo gli investigatori del Nucleo operativo incidenti ferroviari della Polfer hanno sequestrato gli ordini di servizio di quella notte. Secondo Rfi l’intervento rientrava nella normale «manutenzione ordinaria ciclica» di 40 attuatori dell’Alta velocità. «Di certo, prima dell’intervento della squadra di manutenzione, il deviatoio funzionava correttamente. Almeno dal punto di vista meccanico», ragiona un investigatore. Però quella notte gli operai hanno sostituito l’attuatore, il braccio che muove i binari, qualcosa più di un semplice intervento di routine, anche se comunque abbastanza frequente sui binari. A fine lavori però i sensori collegati al sistema di controllo che trasmette il segnale alla centrale di Bologna, secondo la Procura, non erano stati riattivati proprio perché i lavori non erano stati risolutivi e gli operai dovevano ormai riaprire la linea.
Una procedura autorizzata dai protocolli di Rfi e di tutti gli enti che certificano la circolazione ferroviaria. Anche se piuttosto singolare visto che una volta isolato lo scambio dal software di controllo remoto non esiste altro «paracadute di sicurezza». In sostanza il cervellone viene bypassato e la posizione dello scambio viene aggiornata in modo «manuale» per il sistema Ertms: gli operai comunicano via fonogramma la posizione del deviatoio, la centrale registra la nuova posizione e se corretta con il tracciato previsto dal treno viene dato il via libera alla partenza del convoglio. Ovviamente ogni passaggio è tracciato in maniera telematica e codificato secondo una sequenza prestabilita. Difficile insomma che ci possano essere dimenticanze o distrazioni, ma che lascia l’uomo esposto all’errore senza alcuna assistenza dei computer. Possibile che ciò avvenga per treni lanciati a 300 chilometri l’ora?
Lo scambio sui binari
Gli operai hanno chiesto analisi sull’attuatore sostituito «Forse era difettoso»