«C’è incertezza Servono interventi per la famiglia»
Alessandro Rosina
Il saldo naturale, ossia il rapporto tra nati vivi e decessi, in Lombardia nel 2018 è negativo per circa 24 mila unità. Questo è dovuto innanzitutto alla diminuzione della natalità. Quali sono i fattori che incidono?
«C’è una premessa necessaria. Prima della crisi economica, la fecondità della Lombardia era maggiormente in salita rispetto alla media italiana. Poi ci sono stati gli anni più acuti della crisi e il trend si è invertito: anche le regioni del Nord si sono allineate al ribasso col resto del Paese».
Alessandro Rosina è professore ordinario di Demografia dell’Università Cattolica. Anche oggi che ne siamo usciti e in un contesto come quello lombardo?
«Il motivo è semplice. Ci sono aree che, nonostante la crisi, evidenziano un andamento di recupero della fecondità (come la Germania, dove il tasso di natalità pre-crisi era più basso che in Italia, o nella provincia di Bolzano). Perché lì il trend si è invertito? Perché hanno investito sulle politiche familiari durante la crisi: hanno aiutato giovani coppie e famiglie nel momento in cui ne avevano più bisogno, contrastando il senso di incertezza e abbandono».
C’è una concomitanza di elementi oggettivi e soggettivi...
«Sì, la scelta di fare un figlio non riguarda solo le condizioni oggettive: oggi la percezione soggettiva di incertezza nei confronti del futuro sta bloccando le scelte come quelle di fare una famiglia, nonostante la crisi sia finita. Il fatto che non si sia investito, si sconta ancora oggi. La Lombardia continua ad avere una quantità di Neet (giovani che non lavorano e non studiano, ndr) superiore al 15%: 4 punti in più rispetto al 2007. Più alta anche rispetto alla media Ue».
Milano, nel confronto con altre metropoli europee, è in linea in termini di occupazione femminile, ma di gran lunga inferiore nei tassi di natalità. Occorre potenziare la capacità di costruire un progetto di vita oltreché professionale. Come?
«Ci dev’essere un costo della casa sostenibile. E poi conciliazione vita-famiglia, flessibilità lavorativa, part time reversibile. Che devono essere molto maggiori: maggiori anche rispetto al resto del Paese, perché qui l’occupazione giovanile è più alta, l’occupazione femminile è più alta, gli standard sono più alti. Milano dev’essere al livello delle migliori esperienze europee per far sì che la crescita positiva che c’è stata si agganci a qualcosa di solido: i progetti di vita e di famiglia di chi ci vive o ci si trasferisce».