Ippodromo Battaglia ai cancelli
Battaglia sui contratti. La società: «Le regole vanno rispettate»
Alta tensione all’ippodromo. Per un contenzioso sui contratti la Snaitech — proprietaria dell’impianto — ha chiuso «la Maura», cioè l’area di allenamento. Ieri mattina i lavoratori del galoppo e i proprietari di scuderie, che preparano la stagione che si apre il 15 marzo, hanno trovato i lucchetti chiusi.
«La Maura non si tocca». Il manifesto che all’alba di ieri qualcuno va ad attaccare alla cancellata a ferro di cavallo dell’ippodromo del trotto (oggi pomeriggio al centro dell’attenzione sportiva perché vi si disputerà il prestigioso Gran Premio Encat per tredici trottatori indigeni sui 2.250 metri) è il segnale della rivolta dei lavoratori invece del galoppo: allenatori-fantini-artieri che, come i proprietari di scuderie, ieri mattina trovano i lucchetti chiusi agli accessi alle piste di allenamento dei cavalli purosangue in preparazione per l’inizio della stagione agonistica dal 15 marzo sui terreni della «Maura».
È la mossa con la quale Snaitech, proprietaria sia dell’ippodromo del galoppo (vincolato dalle Belle Arti) sia dell’area verde di cui gestisce il centro di allenamento, la sera di San Valentino aveva comunicato, a mezzo di una mail e di volantini appesi ai box, che gli allenatori che non avessero firmato il proposto contratto di servizio non avrebbero avuto più accesso appunto da ieri mattina alle piste di allenamento e alle strutture di servizio. Una mossa che ieri ha fatto salire la tensione e arrivare anche la polizia a sorvegliare gli animi surriscaldati, fino a quando dopo un paio di ore — di fronte alla energica mobilitazione dei lavoratori ippici — i lucchetti sono stati tolti e le piste riaperte ai cavalli da allenare. La società afferma di ritenere «doveroso regolare il rapporto con i singoli operatori ippici» in un contratto di prestazioni di servizi che «non prevede alcun aumento delle tariffe ed è stato più volte integrato per accogliere alcune richieste degli operatori», ma che «è volto unicamente a disciplinare in maniera puntuale e completa le obbligazioni delle parti al fine di garantire la sicurezza di tutti gli operatori e dei cavalli mediante il rispetto delle regole e delle norme».
La quarantina di allenatori (di cui solo 5 hanno sinora firmato), che a Milano con i loro team hanno in training fra i 300 e i 350 cavalli, ribaltano invece sulla società l’accusa di lesinare risorse proprio nella manutenzione delle piste di allenamento, fondamentali per la sicurezza degli uomini e la salute dei cavalli, dei quali ogni infortunio arreca un grave danno economico a proprietari e allenatori; e perciò rifiutano di firmare clausole contrattuali che, se non meglio negoziate, ritengono vessatorie e finalizzate di fatto a sfrattarli. Nell’assenza di una istituzione indipendente che possa monitorare la fondatezza delle rispettive rivendicazioni, il contenzioso sembra risentire anche molto di un non detto: sul «lavoro nero», su inadempienze nel pagamento degli affitti (circa 250 euro al mese per box) e su diffuse irregolarità spicciole che vizierebbero la quotidianità di alcuni operatori, ma anche — nel versante opposto — sul retropensiero di parte degli ippici. Che in fondo è quello esplicitato proprio sul Corriere giorni fa da un piccolo proprietario di cavalli come Davide Livermore, il regista teatrale delle ultime due «prime» della Scala, che nell’atteggiamento di Snaitech paventava un carsico disimpegno finalizzato a creare le premesse di fatto per sospingere gli ippici all’esodo da aree sempre appetite dagli investitori edilizi, come quelli che sull’area del dismesso (e rimpianto) storico ippodromo del trotto a fianco dello stadio di San Siro costruiranno mille appartamenti. Scenario che Snaitech in un comunicato smentisce, «confermando il proprio impegno alla corretta gestione e quotidiana manutenzione del centro di allenamento», ma anche «chiedendo, parallelamente, agli operatori ippici di formalizzare il proprio impegno al rispetto delle regole».
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