Blitz in via Gola Allontanato anche il trapper
Recuperati dalla polizia quattro alloggi Il giovane tra gli incendiari di Capodanno
Gli sgomberi del 2020 (quattro appartamenti liberati ieri, dieci in totale quelli recuperati da spacciatori e abusivi nelle ultime settimane) iniziano con l’enorme incendio e la successiva aggressione ai vigili del fuoco della notte di Capodanno. Il disastro sociale, amministrativo, edilizio e legale di quei pochi caseggiati a ridosso della Darsena, tra le vie Gola, Borsi e Pichi, affonda invece nella lunga storia di un’azienda regionale dell’edilizia pubblica che con gli anni ha lasciato interi pezzi di città andare alla deriva. Nel 2015 la radiografia approssimativa su quel quadrilatero stretto tra i due Navigli parlava di 220 case occupate su 717, più 126 famiglie completamente indigenti. Da allora le cose sono andate a finire anche peggio, con un’alleanza (si può definire anche convivenza, non belligeranza, o patto di mutua convenienza) tra l’«immobiliare» politica degli anarchici, lo strapotere micro-criminale degli spacciatori maghrebini e la presenza stabile di gruppi rom. E così oggi è decisiva la linea dettata dalla questura, cioè tenere fissa la pressione per riprendere (parzialmente, settimana dopo settimana) zone di legalità: un lavoro complicato proprio perché alle spalle restano gli anni dell’abbandono.
Ieri i poliziotti della Squadra mobile, del reparto mobile e del commissariato «Ticinese» hanno recuperato quattro alloggi nello stabile al civico 27 di via Gola. Il primo era stato già sgomberato il 16 gennaio; lo occupava (con la madre e la sorella) un trapper di origine tunisina, 22 anni, che fa parte della «Gl27», quella sorta di gruppo musical/vandalico che si è formato intorno a quel caseggiato («Gl27» sta proprio per Gola, 27) e ha appiccato l’incendio di Capodanno poi ripreso, diffuso e «auto-celebrato» sui social.
Il ragazzo aveva in casa un po’ di droga per uso personale ed è stato segnalato alla prefettura; la porta dell’appartamento era stata «lastrata», cioè sigillata con una lastra d’acciaio, in occasione del primo sgombero; il giovane e i suoi familiari erano rientrati passando da una finestra.
Gli altri tre appartamenti sgomberati, sempre alla scala F, si trovano al primo, secondo e terzo piano. Li occupavano quattro ragazzi nordafricani (un tunisino, un algerino e due marocchini) tutti con un profilo simile: nessuno aveva documenti, alla spalle hanno decine di controlli e identificazioni da parte delle forze dell’ordine, tutti hanno precedenti penali per spaccio e nessuno ha un permesso di soggiorno. Durante le perquisizioni non è stata trovata droga in casa, ma questo era in qualche modo scontato, perché proprio il controllo così capillare su quei palazzi ha permesso agli spacciatori di avere imboschi sicuri per i rifornimenti di droga tra cortili e cantine, in modo da non rischiare un arresto per spaccio dato che la sostanza non si può attribuire a nessuno. Nelle tre case vivevano pure tre
pit bull, cani che si trovano spesso in quegli alloggi perché, in caso di controlli, potrebbero permettere ai pusher di «guadagnare» qualche minuto prima della perquisizione e disfarsi di eventuali dosi. Prima di Natale carabinieri e Polizia locale hanno lavorato a lungo per contrastare lo spaccio in zona. La questura ha organizzato tre interventi: tre case sgomberate il 16 gennaio e tre il 4 febbraio, che diventano in tutto dieci con le quattro di ieri. Sabato scorso i poliziotti del commissariato hanno recuperato la replica di una pistola in una cantina di via Pichi.