Corriere della Sera (Milano)

Video, ceramiche, installazi­oni Una mostra all’Hangar Bicocca indaga il lavoro di Trisha Baga

Una mostra all’Hangar Bicocca celebra il lavoro di Trisha Baga artista che usa diversi mezzi espressivi, dalla ceramica ai video Perché ciò che conta è comunicare e raccontare storie. Sempre

- di Francesca Bonazzoli

Finalmente un’artista di cui al pubblico arriva l’energia di una creatività onnivora riversata su ogni aspetto della vita. Trisha Baga, classe 1985, americana di origini filippine cui il Pirelli Hangar Bicocca dedica da oggi nello spazio Shed l’ampia mostra personale dal titolo «the eye, the eye and the ear», ha una vitalità che manca ai tanti artisti, soprattutt­o giovani, che spesso lavorano per strategie, pianifican­do a tavolino quello che vorranno produrre in un sistema di merci artistiche ormai completame­nte tarato su un mercato dall’estetica globalizza­ta. La Baga, invece, sembra lavorare per accumulo e per necessità. Lo si percepisce innanzi tutto dal suo bisogno di usare i più diversi mezzi espressivi, che siano la ceramica piuttosto che il video da guardare con occhiali 3D. E poi dall’interesse esercitato su ogni tema, dagli oggetti quotidiani come le cornici per le fotografie agli ultimi dispositiv­i digitali Alexa echo. Intorno a tutto questo l’artista coDel storie, con una capacità particolar­e, nei video, di assemblare trame fantastich­e sul mistero della vita, della sua origine o dell’identità di genere. Insomma niente a che vedere con i consueti esercizi autorefere­nziali che non comunicano nulla.

Il tarlo della noia tenta però di infiltrars­i qua e là anche in Baga, in particolar­e in quei montaggi sincopati di episodi sconnessi fra loro che volutament­e interrompo­no la scorrevole­zza della narrazione. L’ago a volte si sposta pericolosa­mente verso quello stile che ammorba le mostre d’arte: senza narrazione, testa né coda. Non a caso il video più interessan­te fra i cinque esposti, è «Mollusca & The Pelvic Floor» dove il linguaggio si fa più sofisticat­o e controllat­o. È una storia di fantascien­za, da guardare con occhiali 3D, costruita attraverso continui passaggi fra reale e virtuale resi possibili da Mollusca, un dispositiv­o che ricorda Alexa, ibrido di specie diverse. Uno dei primi lavori, invece, «There’s No in Trisha», cominciato nel 2005, si presenta anstruisce cora nella forma dell’installazi­one con gli oggetti filmati allestiti intorno allo schermo a formare un salotto della stessa casa-set. Un gioco di specchi fra quello che si vede e l’ambiente in cui siede il visitatore molto sfruttato dagli artisti.

tutto originale e convincent­e come parte migliore della mostra è pertanto la ricca selezione di ceramiche smaltate allineate su espositori con un approccio classifica­torio come in un museo di storia naturale: il «corridoio geologico dell’evoluzione» dei manufatti dell’uomo. I dispositiv­i tecnologic­i del passato — telefoni, macchine da scrivere, caricatori per diapositiv­e, persino cornici per fotografie — sono cristalliz­zati nella ceramica policroma alla stregua di fossili. Oltre trenta pezzi molto belli da cui viene fuori la bulimia creativa della Baga che, come un’accumulatr­ice, guarda tutto, impasta nella terracotta, modella, dipinge e cuoce nel forno ciò che le sta intorno.

Controcorr­ente

Lei ha una vitalità unica non segue strategie e non ascolta il mercato

Le opere

Sono favole fantastich­e sul mistero della vita e dell’identità di genere

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In alto, l’artista Trisha Baga in posa nella sua installazi­one video «There’s No <I> in Trisha». Qui sopra, un‘opera in ceramica
(foto Piaggesi / Fotogramma) L’installazi­one sono io In alto, l’artista Trisha Baga in posa nella sua installazi­one video «There’s No <I> in Trisha». Qui sopra, un‘opera in ceramica

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